El europeo no es ningun fenomeno




da Clarin del 17.05.1978









L’europeo non è per nulla un fenomeno

Al contrario di ciò che si crede, vicino a ciò che il giocatore di calcio pensa poco, quando costui accetta realmente qualcosa è perché ciò è stato preceduto da una spiegazione coerente. D’altra maniera, sopporta, e così condizionato ritarda la sua evoluzione culturale per la mancanza di vere informazioni che arrivano attraverso le fonti responsabili. Trovandosi nel ritiro di Moreno, in una giornata abituale di lavoro, Passarella mi chiese: “Dottore, è cosa certa che gli olandesi o i tedeschi sono superiori a noi come atleti? La risposta fu conclusiva: NO. Mi guardò con sorpresa inquisitiva che richiedeva l’indispensabile informazione immediata. Gli risposi: “Voi, rappresentanti della selezione nazionale, arrivate a questo livello come prodotto di una selezione naturale (darwiniano). Vi salvaste dall’epidemia e dalle malattie, dalla diarrea, dal mal di Chagas, dalla denutrizione, dai parassiti gravi, da mancanza di controlli sanitari o imperfezioni dello stesso tipo, assenze di lesioni minori superate con fortuna e arrivate…Arrivate a giocare in prima divisione, dove, talvolta, si cominciano a curare in altro modo. Quelli che si fermeranno lungo il cammino solo Dio lo sa. Mai si fecero statistiche. E quelli che arrivano siete voi; espressioni atletiche comparabili con gli altri paesi dove questi processi stanno orientati in altra maniera. La differenza è che la tecnologia sanitaria aiuta il fatto che arrivi un numero maggiore di persone. Prova che i nostri che arrivano stanno nelle stesse condizioni, è che i giocatori trasferiti all’estero mantengono il primo piano e sono figure eccellenti tanto sotto l’aspetto tecnico che fisico. Inoltre, si esprimono meglio in un ambiente di calcio più ordinato. Passarella ebbe distrutto un mito con un’adeguata informazione.
Tutto ciò che è stato detto, si deve perfezionare pensando all’eterogeneità dell’origine e della residenza dei nostri giocatori, provenienti da distinte linee ambientali, culturali e sviluppo. Arrivano le migliori espressioni e di questa eterogeneità dobbiamo costruire un’unità rappresentativa nazionale con l’omogeneità che le circostanze ci permettono e che deve essere la maggiore possibile. Talvolta è più facile fare lo stesso con undici biondi tedeschi o olandesi, però è molto meno interessante.
Della coesistenza degli estremi apparentemente antagonisti (come succede con le squadre che incoraggiano alle loro squadre frammentate), la convivenza dei jujenos, tucumani, cordobesi, santefesini, formosenos, bonaerensi e porteni condiziona la dinamica creativa che non né più né meno che l’autentica espressione del nostro popolo.
La medicina preventiva, madre della medicina sportiva, incontra nella sua figlia prediletta la concretezza più importante dei suoi ideali teorici, soprattutto riferiti alla promozione della salute della popolazione. Se bene la fisiologia è una delle basi culturali della medicina sportiva, se non è usata in forma applicativa serve solamente per arricchire il curriculum degli investigatori; come il massaggio, in alcuni casi, serve per sviluppare i muscoli del massaggiatore. E questo sta in relazione ad una domanda che mi fece Ardiles :”Dottore, c’è relazione diretta fra l’aspetto estetico-fisico di un atleta ed il suo rendimento?”. La risposta è proprio Ardiles e mi permetto di aggiungere l’esempio di Pietro Mennea, campione italiano ed europeo dei 100 e 200 metri piani, il cui fisico non rivela esteticamente nessuna condizione eccellente.
La capacità fisiologica è una condizione intrinseca ed innata che con un adeguato allenamento può solamente migliorare. Distruggere miti ed orientare lo sport è la verità sentita. È un dovere che responsabilizza seriamente i conduttori del processo in tutti i livelli centrali e periferici.

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