Barbas en remojo



Da La cronica del 03.04.1980












Barbas in immersione

Per il suo caso danno la colpa a Oliva

Poco prima del Mundial 78, il dottor Adolfo Chaco Fort era il medico della selezione argentina. Però un giorno, sorprendentemente, il suo collega Ruben Dario Oliva fu nominato come medico capo, lasciando Fort sotto le sue direttive. Non passò molto tempo prima che tutto causò un’esplosione. Fort fu licenziato dal suo incarico e Oliva rimase come responsabile unico del corpo medico della selezione.
Oliva accusò Fort per la mancanza di assistenza medica dei giocatori della Selezione Argentina.
Passò del tempo. Vennero dichiarazioni da una e dall’altra parte riguardo la decenza nell’incarico di ciascuno dei professionisti. Mutue e velate accuse. Tutto rimase archiviato nel rincon dei cattivi ricordi.
Allora, sembra rilanciare nuovamente con nome e cognome; Juan Barbas. Il numero 8 della selezione argentina e del Racing, che poco più di 30 giorni fa che sta infortunato per una lesione.
Fort, attuale medico del Racing , diagnosticò : strappo nel retto anteriore della sua gamba sinistra. Per quello, suggerì: riposo normale fino a quando il muscolo colpito non si cicatrizza.
A tutto questo, Barbas si allena leggermente con la selezione, per rieducare il muscolo. Però il tempo, passa ed il recupero si fa molto lento.
Mentre tanto, salì il tema della polemica. Fort si allontanò dal fatto che non avesse dati medici del giocatore negli archivi della selezione. Secondo il medico della Accademia, Barbas tiene un quadro odontologico considerato molto importante, che si è gonfiato dall’anno precedente. Da questo lasso , gli si praticarono al giocatore quattro estrazioni di un acuto fuoco infettivo. Inoltre si verificò un ascesso dentario e si realizzò un trattamento di canalizzazione, prima di verificare che tiene altre carie.
Tutto il quadro descritto, secondo il dottor Fort, contribuisce a che la cura della lesione nella gamba dell’ala classica, ritardi più del dovuto, provocandogli ricadute.
Fort manifestò che: “all’inizio della stagione, tutta la squadra del Racing si sottomise ad analisi complete di urina, sangue ed una verifica a fondo dei problemi delle cavità dentali.
Il medico licenziato della selezione alzò le grida al cielo. Interrogato il titolare della AFA, Julio Grondona riguardo la questione, manifestò: assoluto non conoscenza riguardo i problemi sanitari che hanno a che fare con la selezione, esprimendo che per quello, stavano i responsabili di ogni area.
Resta allora conoscere l’opinione del dottor Oliva, che da molto non torna in patria (risiede in Italia)

Perchè Maradona ha tremato?


Da La Gazzetta dello Sport del 15.01.1987 di Xavier Iacobelli

Una alegria en medio del horror

http://www.servicios.clarin.com/notas/jsp/v7/notas/imprimir.jsp?pagid=1039841

Da Clarin del 28.08.2005 di Hector Hugo Cardozo

EL stress tambien juega











I calciatori non sono assistiti

Lo sport, definito dall’UNESCO come un fenomeno democratico e sociale per eccellenza, è entrato negli ultimi 20 anni in un processo vertiginoso di cambiamenti che obbliga a tenere una preparazione adeguata per studiarlo in tutte le sue implicazioni. . E’ che, se non sta bene preparato, i cambiamenti sorprendono. Così, per esempio, in un paese come l’Italia, che conosco profondamente, lo sport si trova dentro le prime dieci attività di maggior fatturato annuale. Osserviamo come gli stati moderni, alcuni dei quali tengono il calcio come sport principale, hanno inserito la lotteria sportiva, chiamata PRODE (Argentina) o totocalcio (Italia). Si è trasformato, tuttavia, in un fenomeno di massa di consumo di elemento che fanno gli interessi di chiunque pratichi sports; e non è lo stesso il tempo nel quale usavamo pantaloncini corte e scarpe sportive, che attualmente appaiono giorno per giorno, con la diversità che la tecnica offre, prodotti ogni volta più sofisticati.
Nel caso particolare del calcio, abbiamo visto che dai campionati tradizionali avvenne passando lentamente ad altri tornei: metropolitani, nazionali, coppa libertadores, coppa intercontinentale, eccetera, saturando eccessivamente la piazza calcistica ed elevando notevolmente le esigenze. Questo provoca l’aumento stressante della necessità del rendimento del calciatore. Si è compromesso non solo il prestigio calcistico delle istituzioni, se non anche è il fattore economico che incide, come un boomerang, nelle esigenze ogni volta maggiori per i giocatori, tecnici, dirigenti, chiunque sta unito ai tifosi e le masse societarie dei clubs vivono pressati dai risultati. Il risultato, una parola con la quale si può sintetizzare tutto.
Allora, queste esigenze e l’aumento dello stress non han tenuto correlazioni con la maggioranza delle condizioni delle attenzioni e della conduzione dei calciatori. Queste mancanze oggi, in generale, di una base di appoggio, sia pedagogica, biologica o sociale. Si furono prodotte rotture, contraddizioni, dove l’aumento di, non corrispose, ne sebbene, all’aumento dell’assistenza, delle attenzioni, che tenevano prima i giocatori. Cominciarono a crearsi fenomeni di subcultura nello sportivo, scoiale in materia di diffusione e inoltre fratture e distorsioni per la mancanza di adeguamenti dei mezzi di controllo, assistenza, orientamento e attenzioni integrali che devono essere installate per affrontare le nuovi situazioni.
Il giocatore è la base del processo calcistico, ossia la sua infrastruttura biologica. Posiamo tenere stadi, istituzioni, tutto quello che si chiede, però l’elemento che gioca nel campo è il calciatore. È quello che fa lo spettacolo e che ottiene il risultato. E noi ci scontriamo con quello che il giocatore, che è il fondamento di quello che occorre nel calcio, di fronte a tutti i problemi che esistono si trova senza assistenza
Trascurati fondamentalmente come essere umani. Lo si è trasformato in pezzo d’ingranaggio, di un meccanismo produttivo. Gode, è certo di una serie di privilegi, entro i quali la popolarità e i benefici economici (alcuni, non tutti), però vive in una mancanza permanente, il che diventa un fattore chiamato insicurezza.
L’insicurezza è permanente perché un uomo può essere molto in un determinato momento, si converte nell’epicentro dell’attenzione giornalistica, e può passare, da un giorno all’altro, a essere praticamente uno sconosciuto. Al giocatore lo si supporta più negli aspetti formali che di fondo e possono trovarsi, subito, dimenticati.
L’insicurezza si manifesta se terminerà in buone condizioni la sua carriera sportiva, dalla firma dei contratti fino alle lesioni. E tutto fa che possa essere molto sensibile nella sua instabilità emotiva: vive l’angustia ambientale, la dinamica moderna, il così chiamato calcio moderno, una fissazione per il risultato. Tutto quello che tocca non solo il giocatore, considerato individualmente o in gruppo, sino a coloro i quali lo circondano: famigliari, giornalisti, dirigente, tecnico, assistenti del tecnico, preparatore fisico e il MEDICO.
Quando il medico vuole aiutare a risolvere i problemi, si scontra con la superficialità con la quale si affrontano queste cose. Si scontra, tuttavia, con lo schema della notizia che è quello che generalmente interessa al giornalista. Tutto quello che è notizia interessa, tutto quello che tiene qualcosa di profondità, che sta alla base, non interessa. È dire, la cultura sportiva non ha aumentato e si è installato una subcultura sportiva che vive per il clamore.
Si deve avere molta forza di volontà, serietà, e spirito di sacrificio per riprendere il punto di partenza in questo capitolo dell’attenzione medica. Perché oggi arriviamo all’imperiosa necessità che il giocatore sta presente nel campo, sia come lo fu, per la sua qualità o per l’importanza della partita. Predomina una situazione nella quale il giocatore deve curarsi e stare in condizioni ad ogni costo.
Per esempio, certi metodi terapeutici, che colui che scrive iniziò in Argentina e che non sempre furono ben compresi, sono utilizzati non per curare o migliorare un uomo, prima come uomo e dopo come calciatore, se non perché il giocatore gioca la domenica. Allora, il giocatore lesionato gioca infiltrato, se lo si sottopone ad una terapia che calmando il dolore di tale o quella parte (tendine, legamento, eccetera), con infiltrazioni anestetiche si sistema perché stia nel gruppo.
Se facciamo una statistica, è molto difficile farla, però non impossibile, vedremo che è enorme la quantità lesionata nel calcio e di gente operata nel calcio. L’attenzione alle lesioni fa che tenga in conto, soprattutto, la partecipazione e non l’orientamento. Proliferano, pertanto, i calciatori operati per strappi i di altro tipo di patologia, salvo quelle tradizionalmente casuali, come le molto poco frequenti fratture, che esistono adesso ed esistevano prima.
Il calcio sta perfettamente inquadrato nell’incidenza delle lesioni delle parti molli, che è un tipo di patologia non curata dalla traumatologia tradizionale perché non procura rischi per la vita o di futuro nell’attività che l’uomo svolge normalmente. Però nello sport tiene una grande importanza. Si produce come pane giornaliero e, se non lo si tratta bene, provoca le maggiori conseguenze nello sportivo: distorsioni della caviglia, distensione dei legamenti, lesioni che possono considerarsi sofferenze meniscali incerte, tendinopatie, eccetera. In questa questione abbastanza specifica, appare un capitolo molto importante in medicina che è la IATROGENIA MEDICA, ossia quando la funzione del medico causa più danno che beneficio. L’Iatrogenia è un capitolo profondo e denso nella storia della medicina e oggi sarebbe motivo di un congresso di medicina dello sport perché noi medici ci adeguiamo ad analizzare il problema con l’intento di frenare l’avanzata che obbliga a che l’uomo, lesionato, stia nel campo di gioco. Frenarla con una bandiera o con uno stendardo: primo difendere il patrimonio biologico del club, che è attendere all’uomo come corrisponde e che non predomina la mentalità della partecipazione.
Per dare un’idea della dimensione che richiede la mentalità della partecipazione, vado a raccontare quello che una volta mi disse, sorridendo, un dirigente,: “ al vedere che nella mia squadra ho molto infortunati e che non venivano curati rapidamente, pensai e mi dissi che succede? Intanto risolsi di far entrare in gioco nei premi il medico. Santo rimedio. Da questo momento feci un cambio fondamentale: giocavano quasi tutti, se non tutti, sani o no, mal curati o curati a metà, in qualunque condizione, buona o cattiva, tutti entravano per giocare…”.
Con questo non voglio fare una critica velenosa vicina ai miei colleghi, se non confermare una situazione perché in comune cerchiamo la forma per risolverla. Però il problema sta pianificato e si può dire che nel calcio argentino rimane a terra. Non tengo le statistiche in mano, è facile farla per sapere cosa successe negli ultimi dieci anni. Che successe con le squadre che vinsero coppe libertadores, intercontinentali, campionati nazionali e metropolitaani? Che sta succedendo con le squadre che tengono successivi e voluminosi compromessi?
Dobbiamo, pertanto, creare dalla propria AFA, e non credo che manca molto tempo per farlo, norme di salute e sanitarie medico-sportive per orientare l’azione medica nella periferia, nei clubs che appartengono alla casa maggiore del calcio. Quando si possono adottare queste norme, irradiarle, discuterle e applicarle e permettere un controllo, avremo dato un passo decisivo alla salute dello sportivo. Una parola che non deve essere vana, ne manovrata. Umana, filosofica e cristianamente, teniamo che andare all’incontro di un problema di fondo con soluzioni che significano esaltare il medico e rispettare l’attività del calciatore.
Al non avere norme sanitarie, ciascuno muove come un “maestrino con il suo libricino” e si torna al caos già che al non approfondire il tema del ritmo biologico, al non esistere un’educazione sanitaria nel calciatore, questa rimane catturato per una nevrosi sportiva.
E per la mancanza di un’orientazione univoca nella metodologia ad applicare, si prende, molte volte, il cammino facile dell’attacco, la scorciatoia per arrivare con il minor tempo possibile, con il minor sforzo possibile e sorprendente tendenza alla superficialità.
Una faciloneria che nella maggioranza dei casi conduce, per decantazione, al doping, il problema dei problemi e dei quali le analisi, in serio, in profondità, merita un trattamento particolare, nel quale ci si tuffa nelle cause e non si cade solamente negli effetti.
Comunque, voglio segnalare che quando si pretende di evitare il doping si cade, quasi sempre, nelle norme repressive, nella penalizzazione del giocatore con il controllo antidoping e non si cerca l’imprescindibile educazione sanitaria che deve esistere nei calciatori per impedire che questi girino intorno allo stimolante come al grande rimedio salvatore. E quando sostengo che il controllo antidoping non è la migliore soluzione, lo faccio perché la delinquenza e la subcultura sportiva non si trattengono di fronte alla norma repressiva. Si tratta di incontrare la cosa o la sostanza che non lascia tracce; utilizza corticoidi, perché i 17 steroidi sono di eliminazione normale per l’urina e da sempre la positività o ricorre a qualunque cosa che dia una sensazione di euforia. Né che parlare degli anabolizzanti che tanta devastazione han causato in ambito internazionale.
Si deve dimostrare positivamente che il migliore rendimento individuale nel calciatore si ottiene quando sta molto bene motivato (che è il miglior doping a livello corticale) e quando sta molto bene preparato.
Per questo manca una preparazione migliore e maggiore nei medici, nei preparatori fisici e nei tecnici. Il medico deve lasciare di essere il furgone di cola di una squadra di calcio che solo si limita all’attenzione del giocatore lesionato, attuando come il pinguino che aspetta i turisti in Patagonia.
Il medico deve collaborare con il corpo tecnico nell’orientamento sanitario sportivo, nella preparazione fisica. Il medico deve essere preparato in educazione fisica, deve essere un medico dello sport e non solo un accompagnatore della squadra di calcio. Deve preparare un piano di base per l’azione dei tecnici e di aiuto e di appoggio biologico di quest’uomo, di questo ragazzo, che gioca al calcio professionalmente.

El examen medico de los seleccionados



Da La Capital di Rosario del 9.02.1982

L’esame medico dei giocatori selezionati

Capital Federal – con un completo esame medico effettuato a cinque calciatori della selezione nazionale, cominciò ieri la sua attività la squadra argentina che il prossimo 14 di febbraio si radunerà nella Villa Marista di Mar del Plata, con visione sui Mondiali di Spagna 82. Gli studi stanno a carico del dottor Ruben Oliva, medico della selezione, accompagnato con un gruppo distaccato di specialisti e si realizzarono in un istituto assistenziale di questa capitale. Furono esaminati nell’occasione Juan Barbas, Gabriel Calderon, Hector Baley, Edgardo Bauza e Enzo Bulleri. Nel corso della settimana verranno visitati , divisi in gruppi di cinque, il resto dei convocati dall’allenatore Cesar Menotti per integrare il gruppo. La revisione consiste in accurate valutazioni cliniche, cardiorespiratorie di laboratorio ed altri esami complementari. Oliva segnalò che il criterio scientifico applicato è di carattere dinamico funzionale e si effettua sulla base di moderne tecniche per realizzare completi checks up agli assistiti. Si tratta di un centro medico che detiene attrezzature di alta tecnologia per realizzare studi completi e profondi. I dati emergenti degli studi permettono non solo di conoscere a fondo lo stato dei componenti della nazionale, se non che saranno di utilizzo per future analisi nel campo della medicina sportiva.
Oliva, uno dei pochi medici sportivi su cui conta l’Argentina, ritornò domenica da Milano: durante il suo soggiorno in Europa acquisì le nuove tecniche sviluppatesi in diversi paesi di questo continente per migliorare ed approfondire l’attenzione sugli sportivi.
Il giro degli esami dei selezionati terminerà il venerdì, a solo 48 ore da quando comincerà il periodo di ritiro. Nel centro sportivo dei Hermanos Maristas, ubicato nella periferia della città di Mar del Plata. Non è la prima volta che Oliva si incarica di questo tipo di lavoro, già poichè diresse un simile lavoro nel processo di preparazione prima dei Mondiali 78. La differenza sta che adesso si fa conto su strumenti avanzati e nuovi concetti in materia. In varie occasioni, il medico diffuse le sue teorie circa la mancanza di assistenza alla quale è sottoposto il giocatore di calcio. Per coprire questo deficit, spinse unito a Menotti e al presidente della AFA Julio Grondona, la creazione di un centro autarchico di medicina sportiva. Detto centro starà sistemato in terreni recentemente comprati per la AFA nel parco Ammiraglio Brown, però non si fece nessuna festa per l’inizio dell’opera. L’apertura del centro è soggetta anche all’approvazione del comitato esecutivo della AFA , fino a che non si ha il voto favorevole. Oliva, al commentare aspetti dell’attuale compito, disse che gli studi saranno la base per l’orientamento di un’adeguata preparazione fisica dei giocatori della selezione.
Alla fine della settimana il corpo medico redigerà il corrispondente informativo e Menotti comincerà con dati sistematizzati per elaborare i suoi piani.
Secondo moderni concetti , l’addestramento degli uomini che praticano sport di squadra deve essere collettivo e tenendo in conto le particolarità individuali. Si considera un errore allenare gli sportivi secondo un solo sistema, perché la reazione variano in ciascuno ed invece di favorirlo lo si pregiudica.

La nazionale argentina di hockey a rotelle







Da Il Giornale del 22.08.1974

Calcio atletica e atletica calcistica



Da Il Giornale del 11.07.1974

Dialoguitos en el asfalto

Dirigente dell Huracan: il giovedì prossimo tornerà il dottor Ruben Oliva, e gli prepareremo l’accoglienza che si merita un professionista della sua capacità, che l’Italia riconobbe nominandolo capo medico del Comitato Olimpico Italiano, e capo medico della delegazione italiana che gareggiò nel 1972 nelle Olimpiadi a Monaco.
Noi: pienamente d’accordo. Oliva è un medico capace, ed inoltre sportivo specialista che non c’è in Argentina. Però perché è l’Huracan che prepara il ricevimento?
Dirigente dell Huracan: perché, fra le altre cose, viene per risolvere i problemi di lesioni che teniamo. Tratterà Basile e Avallay, e con l’intervento del dottor Oliva consideriamo che tutto andrà bene e con Basile e Avallay interi, saremo campioni dell’America!

Le llegò la hora el cuchillo

da Noticias del 30.07.1974

Selezione Argentina Mondiali 1978


Madrucci



da Il Giorno del 19.05.1999

Manuela Di Centa


Con la testa alle Malvinas


Seragnoli:Myers mi ha deluso


Da La Gazzetta dello Sport del 30.01.1999

A Ronaldo le hace falta un milagro




A Ronaldo gli serve un miracolo
Uno dei medici che curarono Ronaldo in Italia considera che con il brasiliano si commise un errore di diagnosi e di trattamento

Ronaldo non tornerà a giocare più a un grande livello?
In un giovane, ci sono grandi possibilità di recupero a pesare delle operazioni sofferte , però, indubbiamente, un tendine rotto è una cosa che succede molto raramente e va a costituire un handicap terribile. Potrà fare altri sport, però per il calcio è molto difficile.
La diagnosi decisa la fece il dottor Ruben Dario Oliva, il medico argentino affermatosi in Milano che lavorò per la selezione argentina in due mondiali (78 e 82), che visitò il brasiliano e che rilasciò un parere che fu abbandonato.
Cosa serve, un miracolo?
Bene , è come le stregonerie. Non credo nelle stregonerie però se la tieni, la tieni. Per la forma in cui fu trattato, si può dire che serve un miracolo perché torni a giocare come prima. Ed io , in medicina, non credo molto ai miracoli.
Vuol dire che è rovinato.
C’è un problema di diagnosi. Se ad un paziente si da una cattiva diagnosi, si può farli un danno tremendo.
Questo è quello che successe a Ronaldo?
Per me c’è un errore di diagnosi e anche di terapia.
Quale è?
Già lo dissi nell’informativo che diedi all’Inter a tempo debito. Segnalai che il tendine era l’effetto e non la causa del suo problema, che doveva curarsi l’origine e che non doveva che continuare trattandosi il tendine come il responsabile del problema perché andavano a concludere operandolo così come avvenne. Dissi che il tendine sano non si rompe. Si rompe quello malato e quando sta infermo si deve cercare la causa in altro settore dell’organismo. Si è detto e studiato che un tendine rotuleo è capace di resistere a 700 chili di peso e più.
Ok, a voi tolsero Ronaldo perché non lo vedesse,fece la sua diagnosi e non la tennero in conto. È così?
Esatto, questo fu nel febbraio del 99. Focalizzarono la lesione nel tendine e lo trattarono nella forma che avevo controindicato.
La rottura non si produsse perché rientrò velocemente?
No, non per questo. Questo non è il motivo.
E l’inconveniente che ebbe nella finale del Mondiale 98 si riferisce a questo?
Non ha molto a che vedere e persino chiedo di analizzare qualcosa che non c’entra nulla.
A chi fu consegnato l’informativo su Ronaldo?
Lo prese Sandro Mazzola, che in quel momento era l’incaricato della parte sportiva dell’Inter.
Che successe con il segreto medico nel caso Ronaldo?
Nei giornali venne alla luce la situazione clinica del giocatore, però il centro della questione è che la legge della privacy si deve rispettare come medico, però si deve dare attenzione e non pregiudicare il paziente.
Perché lo portarono a Parigi per operarlo? Non ci sono specialisti in Italia?
Affermativo, in Italia teniamo un’esperienza di ricostruzione di tendine rotulei. È un poco offensivo portare a ricostruire un tendine di un giocatore a Parigi.
Qui , in Argentina, ci fu qualche caso simile a Ronaldo?
Si, ricordo molto bene che (Tomas) Rolan, che giocava nell’Indipendiente negli anni sessanta, soffrì lo stesso problema, lo operarono e non giocò più.

Oliva fa il miracolo a Napoli Maradona sano per il campionato


Così ho salvato Maradona



Da La Notte del 07.07.1986 di Maurizio Mosca

La verdad del doctor Oliva



La verità del dottor Oliva

Il dottor Ruben Dario Oliva fu intervistato in Rosario. Parlò riguardo il doping come flagello dello sport. Il sensazionalismo si occupò, rapidamente, di confondere la realtà dei suoi pensieri. Con la vecchia arguzia di dire frasi scelte da un contesto, per trasformarle in concetti base di un contesto, si ebbe l’esplosione della notorietà. Clarin chiede di sapere la verità di Oliva e questo è il motivo di tale articolo.
Può provare che prima che voi tornaste alla nazionale, ci fossero giocatori che si dopavano?
In nessuna maniera. E persino è mia intenzione farlo, posso io non affermare mai una cosa somigliante ad essa. Dunque, sicuramente, una errata interpretazione del giornalista che mi intervistò. Io mi riferivo allo sport argentino in generale. Mai che nell’ultimo anno fosse pubblico e noto dovuto ad alcuna denuncia che si riflettessero nei mezzi di informazione. In nessun momento si parlò della selezione nazionale. Io segnalai che il doping esiste nel comune ambiente. E di fronte a tanta triste realtà mi decisi a come è giusto a combatterla con i mezzi più potenti che ho a disposizione.. come mi daranno conto, parlai di un flagello in forma generica. È come denunciare la delinquenza. Che esista nell’ambiente generale non significa che dire che la teniamo in casa.. questo è lo spirito delle mie dichiarazioni. Mai se mi occorreva scontrarmi con altri colleghi, con i quali credo che tengo una lunga strada che percorriamo nel mondo dello sport. In sintesi, quello che mi preme rimarcare è che la mia attitudine fu quella di combattere sempre contro questo tipo di cose modificando l’ambiente e creando una coscienza sanitario – sportiva.
È dire che tutto si riassume in un problema di cattiva interpretazione?
Si presuppone. Sempre fui nemico delle denunce a tutti i livelli. Preferisco combattere ed oppormi a quello che mi pare ingiusto e pericoloso per la comunità e per nessuna cosa tanto importante dentro di essa, come la salute sportiva.
Con la Selezione parlò del tema del doping?
Si. Ebbi varie conversazioni con la squadra sul tema degli stimolanti. Anche parlai con essi circa i consigli sull’alimentazione, della vita sessuale. Tentai di costruire una coscienza sanitaria. Varie volte lo feci ridendo con una frase che sempre uso e che dice che da una vacca con anfetamine non si ricavano campioni del mondo.

El europeo no es ningun fenomeno




da Clarin del 17.05.1978









L’europeo non è per nulla un fenomeno

Al contrario di ciò che si crede, vicino a ciò che il giocatore di calcio pensa poco, quando costui accetta realmente qualcosa è perché ciò è stato preceduto da una spiegazione coerente. D’altra maniera, sopporta, e così condizionato ritarda la sua evoluzione culturale per la mancanza di vere informazioni che arrivano attraverso le fonti responsabili. Trovandosi nel ritiro di Moreno, in una giornata abituale di lavoro, Passarella mi chiese: “Dottore, è cosa certa che gli olandesi o i tedeschi sono superiori a noi come atleti? La risposta fu conclusiva: NO. Mi guardò con sorpresa inquisitiva che richiedeva l’indispensabile informazione immediata. Gli risposi: “Voi, rappresentanti della selezione nazionale, arrivate a questo livello come prodotto di una selezione naturale (darwiniano). Vi salvaste dall’epidemia e dalle malattie, dalla diarrea, dal mal di Chagas, dalla denutrizione, dai parassiti gravi, da mancanza di controlli sanitari o imperfezioni dello stesso tipo, assenze di lesioni minori superate con fortuna e arrivate…Arrivate a giocare in prima divisione, dove, talvolta, si cominciano a curare in altro modo. Quelli che si fermeranno lungo il cammino solo Dio lo sa. Mai si fecero statistiche. E quelli che arrivano siete voi; espressioni atletiche comparabili con gli altri paesi dove questi processi stanno orientati in altra maniera. La differenza è che la tecnologia sanitaria aiuta il fatto che arrivi un numero maggiore di persone. Prova che i nostri che arrivano stanno nelle stesse condizioni, è che i giocatori trasferiti all’estero mantengono il primo piano e sono figure eccellenti tanto sotto l’aspetto tecnico che fisico. Inoltre, si esprimono meglio in un ambiente di calcio più ordinato. Passarella ebbe distrutto un mito con un’adeguata informazione.
Tutto ciò che è stato detto, si deve perfezionare pensando all’eterogeneità dell’origine e della residenza dei nostri giocatori, provenienti da distinte linee ambientali, culturali e sviluppo. Arrivano le migliori espressioni e di questa eterogeneità dobbiamo costruire un’unità rappresentativa nazionale con l’omogeneità che le circostanze ci permettono e che deve essere la maggiore possibile. Talvolta è più facile fare lo stesso con undici biondi tedeschi o olandesi, però è molto meno interessante.
Della coesistenza degli estremi apparentemente antagonisti (come succede con le squadre che incoraggiano alle loro squadre frammentate), la convivenza dei jujenos, tucumani, cordobesi, santefesini, formosenos, bonaerensi e porteni condiziona la dinamica creativa che non né più né meno che l’autentica espressione del nostro popolo.
La medicina preventiva, madre della medicina sportiva, incontra nella sua figlia prediletta la concretezza più importante dei suoi ideali teorici, soprattutto riferiti alla promozione della salute della popolazione. Se bene la fisiologia è una delle basi culturali della medicina sportiva, se non è usata in forma applicativa serve solamente per arricchire il curriculum degli investigatori; come il massaggio, in alcuni casi, serve per sviluppare i muscoli del massaggiatore. E questo sta in relazione ad una domanda che mi fece Ardiles :”Dottore, c’è relazione diretta fra l’aspetto estetico-fisico di un atleta ed il suo rendimento?”. La risposta è proprio Ardiles e mi permetto di aggiungere l’esempio di Pietro Mennea, campione italiano ed europeo dei 100 e 200 metri piani, il cui fisico non rivela esteticamente nessuna condizione eccellente.
La capacità fisiologica è una condizione intrinseca ed innata che con un adeguato allenamento può solamente migliorare. Distruggere miti ed orientare lo sport è la verità sentita. È un dovere che responsabilizza seriamente i conduttori del processo in tutti i livelli centrali e periferici.