Da La Capital del 23.09.1996 a cura di Sergio Faletto
Il tassista che ci porta nella Capitale Federale, al comunicargli che avremmo avuto un’intervista con il Dottor Oliva, si espresse in questa forma brutale: Oliva, il grande mago. E aggiunse: questo tordo è un fenomeno, non c’è lesione che gli resista. Descrive, ancor di più, il dialogo che abbiamo avuto con il rosarino di adozione, nacque a San Justo, Santa Fe’, che anni fa elesse Milano come residenza. “Mi da molta felicità poter parlare con La capital di Rosario, perché a questa città devo gran parte della mia esperienza, e soprattutto con il Club Rosario Central”, segnalò il Dottor Oliva all’inizio della conversazione.
Dottore, voi proponeste il termine di deportologo ai medici che lavoravano nell’ambiente sportivo.
Io non inventai nulla. L’unica cosa che feci fu riprendere la bandiera nel 1955 e presentai una mozione nel primo congresso argentino dello sport che ai medici vincolati alle attività sportive li chiamassero deportologi. Perché teniamo l’orgoglio che nel nostro paese, nel 1923, nel club Gimnasia y Esgrima di Buenos Aires, il dottor Leopoldo Grassi tenne il primo dipartimento di medicina sportiva.
Cosa è un medico deportologo?
La medicina dello sport è un’attività interdisciplinare e integrale che studia l’individuo da un punto di vista dinamico, non statico. E’ come valutare il pesce e non il pesce pescato. E il medico deporto logo è quel medico che tiene una preparazione in vari rami della scienza. Un traumatologo, o un radiologo, o un clinico, non è un deporto logo. E la cosa più importante da sottolineare è che la medicina dello sport è per un 70% preventiva – orientativa e per un 30% terapeutica.
Come definisce un buon deportologo?
Il medico che previene le lesioni e non quello che cura velocemente. Buono è quello che passa poco appariscente, però quello che succede a volte è che la sua smania di protagonismo lo alza a chiedere fama mediante un’operazione e non un eccellente prevenzione. Quando la stampa sottolinea ad un medico per le poche lesioni che assiste, forse li cambia la storia.
La sua gran lotta fu la creazione di un Centro Nazionale di Medicina dello Sport per realizzare un’attenzione dinamica e normativa.
Si però non lo ottenni. Presentai un progetto , però il golpe del 55 frustò la realizzazione. Così che grazie all’esperienza che tenni nel Rosario Central nel 1961, prima come preparatore fisico e poi come medico, fu accettando la proposta. Ti rendo noto che entrai per concorso , cosa alquanto degna da sottolineare nel direttivo oro azzurro. Per questo non mi dimentico di Flynn. Brevemente, nel 1962 , mi convocarono per seguire la selezione nazionale in Cile, però a causa della resistenza dei traumatologi, decisi di rinunciare. E la gran opportunità di creare il centro fu nel 1978, però Menotti, che disse di condividere l’iniziativa, no quiso, non potè o non volle seppe come spingere la cosa.
Si però non lo ottenni. Presentai un progetto , però il golpe del 55 frustò la realizzazione. Così che grazie all’esperienza che tenni nel Rosario Central nel 1961, prima come preparatore fisico e poi come medico, fu accettando la proposta. Ti rendo noto che entrai per concorso , cosa alquanto degna da sottolineare nel direttivo oro azzurro. Per questo non mi dimentico di Flynn. Brevemente, nel 1962 , mi convocarono per seguire la selezione nazionale in Cile, però a causa della resistenza dei traumatologi, decisi di rinunciare. E la gran opportunità di creare il centro fu nel 1978, però Menotti, che disse di condividere l’iniziativa, no quiso, non potè o non volle seppe come spingere la cosa.
È un debito di Menotti con te?
Se uno condivide l’aspetto teorico, deve anche condividere l’azione. Non credo che sia un debito con me, in ultima analisi è con lo sport in generale. Il paese deve avere un centro di queste caratteristiche, però è chiaro che esistono interessi economici molto forti perché questi tipo di iniziative non si concretizzino.
Questo succede perché siamo sottosviluppati?
Il nostro maggior problema è l’interruzione della memoria storica. Per questo preferisco la definizione che l’Argentina è una paese sottoamministrato. Un paese con cinque premi Nobel, con una motorizzazione popolare per tempo con il Ford T e lo Chevrolet , l’Italia si motorizzò dopo la seconda guerra mondiale con la Fiat 600, nessun progresso in relazione per la cattiva amministrazione. E la crescita sportiva di una popolazione è intimamente vincolata allo sviluppo tecnico. Se no, non si spiega che Fangio ha vinto cinque volte il campionato mondiale. L’Africa produce maratoneti, non piloti.
Dottore , parliamo di calcio
Stanno uccidendo il calcio. Si producono molte lesioni negli allenamenti che nelle partite. Ed esso si deve a coloro i quali hanno elevato questo gioco da un ritmo umano ad uno isterico. Molti medici nevrotizzano i ragazzi. Si dimenticano dell’uomo. Le do un esempio.: un meccanico prepara un motore, lo mette a punto e lo prova, però non lo prova durante la settimana tre volte di più di quello che dura la carriera. Nel calcio si. Durante la settimana ai giocatori viene chiesto un rendimento fisico superiore ai 90 minuti. Chiedono agli atleti in veste di calciatori, e così il non c’è fisico che resista.
Come si risolve questo?
Rompendo con il sistema instaurato per gli interessi industriali e commerciali. Chiaro che per questo abbiamo da appellarci al sentire comune dei dirigenti, perché questo non si animano a deciderlo per i poteri economici che determinano a giocare un Mondiale all’una del pomeriggio.
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