Da Il Corriere dello Sport - Stadio del 23.05.1979
Il Dottore Ruben Oliva
Oliva accompagna il processo con gran vocazione.
Molti ignorano e pochi sono quelli che lo sanno, che il montaggio perché sia così, che si coronò con l’esito, organizzativo e competitivo, in relazione all’undicesimo campionato mondiale di calcio, celebrato in Argentina nel 1978, niente fu semplice.
Esisterono enormi complicazioni che furono salvate per il sentimento comune di tante e tante persone che consistettero totalmente e assolutamente nella responsabilità che assumessero dentro dell’ingranaggio che si mise in marcia nel 1974. L’immagine dell’Argentina all’esterno si mostrò limpida, pulsante, con 26 milioni di anime che vivevano, con allegria e ampia conoscenza nazionalista i colori celeste e bianco della nostra patria nativa mediante la nazionale. Per noi, fu tutto un popolo che si unì in pace in una fiesta molto sua con i risultati che tutti conoscono. In questo processo serio, fermo, cosciente e impregnato di notevole sentimento della responsabilità che incaricò l’AFA con il tremendo avvallo del governo argentino e che fu una sorte di disegno per quello che gli argentini ci posero alla prova in nostro grado di capacità di credere e fare, tenne ruolo di importanza il dottor Ruben Oliva, un uomo che mantiene un altissimo concetto della professione medico sportiva, con il precedente di aver attuato e aver fatto bene, nell’esercizio della medicina sportiva in Milano (Italia) durante dieci anni, dal 1968 agli inizi del 1978 realizzando viaggi periodici al nostro paese tutte le volte che i suoi servizi furono richiesti. Oliva è innamorato della sua professione. Studioso profondo, cordiale e affabile per i suoi simili che ci lavorano giornalmente. Fu il medico che il coach Cesar Luis Menotti, che appoggiò Cantillo e che segue appoggiando l’attuale titolare dell’AFA Julio Grondona. Terminò il ciclo del Mundial 78 accompagnò la delegazione calcistica che fece una tournee quest’anno per Inghilterra e Austria, fu attivo collaboratore della squadra giovanile che si consacrò in Giappone, in posizione di capo medico. Attualmente, Oliva segue nel montaggio, selezione nazionale che muove i suoi passi immediati al mundialito di Uruguay e che arriverà ai Mondiali di Spagna 82, con l’incarico di consulente permanente onorario delle selezioni nazionali. Seguo in tutto questo, molto specialmente per la serietà dell’infrastruttura, che è una maniera di difendere l’infrastruttura biologica che si canalizzo per mezzo del calcio. E per una ragiona vocazionale e affettiva. Il piano di Menotti mi ha interessato. Per questo che sono qui in Villa Marista unito alla selezione e la seguirò stando mentre seguo considerandomi utile.
È la funzione solamente di attendere i problemi delle lesioni dei giocatori?
No, questo è solo parte del mio compito. Il corpo tecnico delle selezioni nazionali mantiene uniformità di criteri in ciò che sviluppa. Difendiamo questi uomini che integrano la selezione maggiore, prima e dopo questo processo. E il medico, qui sta con il primo vagone unito al tecnico, per trasmettere l’assimilazione delle tecniche, delle strategie e delle esigenze. Io assumo il comando tanto nella parte fisica quanto in quella tecnica. L’immagine del medico vincolata al calcio è molto povera quando si disimpegna nel campo; generalmente il tecnico sta in punta e il medico nell’altra estrema, e non è così. Comprovare la lesione di un calciatore è solo un aspetto del tema. Si deve parlare con il giocatore, dargli confidenza, non infondergli timore. Impiegare un poco la psicologia. E a fornire l’informativo medico del suo stato fisico e mentale al tecnico, farlo con la responsabilità che merita il caso. Questo processo “selezione nazionale – AFA” si elabora con radici future. Una struttura che deve impiantarsi in altre espressioni sportive e che nasce, come esempio, attraverso il calcio, questa pratica allegra. Una maniera tuttavia, di mettersi alla prova, come si dice, i valori umani che contiamo in questo paese. La conquista di due titoli mondiali, con la serietà della struttura che si costruì, è la migliore base di quello che sostengo. La mia funzione è specifica nella medicina integrale nello sport, conta con un compito orientato, educazione sanitaria, igiene fisica e mentale, cosa che il giocatore non si veda colpito per uno stato di neurosi. Il medico deve essere molto responsabile, può inoltre di essere umano deve prestare attenzione ai molti milioni che valgono i calciatori.
Che cosa è il calcio per voi?
Uno sport allegro, vivace, che si pensa con la testa, si gioca con i piedi e che debbo dire per quello che mi attiene in medicina; il fegato deve stare bene; se un calciatore tiene un’infezione si indebolisce. Direttamente non deve entrare nel campo di gioco.
Si deve supporre che si ha bisogno di un meccanismo ampio per applicare la medicina integrale nel calcio? Voi contate su questo?
Manca di elementi tecnici, che penso vadano incorporati velocemente. È questione che si prenda coscienza delle sue necessità. Io stetti all’estero e in molti paesi potei notare grandi meccanismi di tecniche avanzate, però insisto in un mio pensiero: noi, gli argentini, facciamo affidamento sulla mano e sulla mente dell’uomo pratico in tutto, intelligente, risolutivo, capace. E credere un poco più in noi stessi. Se a quello che teniamo unito, gli elementi tecnici, provato quando lo abbiamo raccontato, possiamo fare grandi cose. Confido nel condurre avanti l’esercizio della medicina nello sport.
Che succede con gli infortunati della nazionale?
Con riferimento a Juan Barbas, era qualcuno che si confuse nell’informazione (non fu LA CAPITAL), già che si congedò giorni fa. Leopoldo Luque cominciò a lavorare sotto la mia osservazione e già sta mettendosi in condizione. A proposito di Carlos Fren, che è quello che sta seriamente infortunato, iniziò con pratica molto leggera, però sono ottimista, lo dico sotto la mia responsabilità, che vanno ad essere in condizione per il Mundialito. Con la sua filosofia. Devoto a dare esempi di quello che fa, impiegando proverbi popolari. Lasciando intravedere il senso umano. E molto entusiasmato nello sviluppare, con linguaggio diretto, ampio ed esaustivo, la passione che sente per la medicina e per il calcio, Ruben Oliva timbrò la sua autenticità, nel dialogo con LA CAPITAL, di essere uomo del processo “selezione nazionale”. E questo è sano dirlo.
Esisterono enormi complicazioni che furono salvate per il sentimento comune di tante e tante persone che consistettero totalmente e assolutamente nella responsabilità che assumessero dentro dell’ingranaggio che si mise in marcia nel 1974. L’immagine dell’Argentina all’esterno si mostrò limpida, pulsante, con 26 milioni di anime che vivevano, con allegria e ampia conoscenza nazionalista i colori celeste e bianco della nostra patria nativa mediante la nazionale. Per noi, fu tutto un popolo che si unì in pace in una fiesta molto sua con i risultati che tutti conoscono. In questo processo serio, fermo, cosciente e impregnato di notevole sentimento della responsabilità che incaricò l’AFA con il tremendo avvallo del governo argentino e che fu una sorte di disegno per quello che gli argentini ci posero alla prova in nostro grado di capacità di credere e fare, tenne ruolo di importanza il dottor Ruben Oliva, un uomo che mantiene un altissimo concetto della professione medico sportiva, con il precedente di aver attuato e aver fatto bene, nell’esercizio della medicina sportiva in Milano (Italia) durante dieci anni, dal 1968 agli inizi del 1978 realizzando viaggi periodici al nostro paese tutte le volte che i suoi servizi furono richiesti. Oliva è innamorato della sua professione. Studioso profondo, cordiale e affabile per i suoi simili che ci lavorano giornalmente. Fu il medico che il coach Cesar Luis Menotti, che appoggiò Cantillo e che segue appoggiando l’attuale titolare dell’AFA Julio Grondona. Terminò il ciclo del Mundial 78 accompagnò la delegazione calcistica che fece una tournee quest’anno per Inghilterra e Austria, fu attivo collaboratore della squadra giovanile che si consacrò in Giappone, in posizione di capo medico. Attualmente, Oliva segue nel montaggio, selezione nazionale che muove i suoi passi immediati al mundialito di Uruguay e che arriverà ai Mondiali di Spagna 82, con l’incarico di consulente permanente onorario delle selezioni nazionali. Seguo in tutto questo, molto specialmente per la serietà dell’infrastruttura, che è una maniera di difendere l’infrastruttura biologica che si canalizzo per mezzo del calcio. E per una ragiona vocazionale e affettiva. Il piano di Menotti mi ha interessato. Per questo che sono qui in Villa Marista unito alla selezione e la seguirò stando mentre seguo considerandomi utile.
È la funzione solamente di attendere i problemi delle lesioni dei giocatori?
No, questo è solo parte del mio compito. Il corpo tecnico delle selezioni nazionali mantiene uniformità di criteri in ciò che sviluppa. Difendiamo questi uomini che integrano la selezione maggiore, prima e dopo questo processo. E il medico, qui sta con il primo vagone unito al tecnico, per trasmettere l’assimilazione delle tecniche, delle strategie e delle esigenze. Io assumo il comando tanto nella parte fisica quanto in quella tecnica. L’immagine del medico vincolata al calcio è molto povera quando si disimpegna nel campo; generalmente il tecnico sta in punta e il medico nell’altra estrema, e non è così. Comprovare la lesione di un calciatore è solo un aspetto del tema. Si deve parlare con il giocatore, dargli confidenza, non infondergli timore. Impiegare un poco la psicologia. E a fornire l’informativo medico del suo stato fisico e mentale al tecnico, farlo con la responsabilità che merita il caso. Questo processo “selezione nazionale – AFA” si elabora con radici future. Una struttura che deve impiantarsi in altre espressioni sportive e che nasce, come esempio, attraverso il calcio, questa pratica allegra. Una maniera tuttavia, di mettersi alla prova, come si dice, i valori umani che contiamo in questo paese. La conquista di due titoli mondiali, con la serietà della struttura che si costruì, è la migliore base di quello che sostengo. La mia funzione è specifica nella medicina integrale nello sport, conta con un compito orientato, educazione sanitaria, igiene fisica e mentale, cosa che il giocatore non si veda colpito per uno stato di neurosi. Il medico deve essere molto responsabile, può inoltre di essere umano deve prestare attenzione ai molti milioni che valgono i calciatori.
Che cosa è il calcio per voi?
Uno sport allegro, vivace, che si pensa con la testa, si gioca con i piedi e che debbo dire per quello che mi attiene in medicina; il fegato deve stare bene; se un calciatore tiene un’infezione si indebolisce. Direttamente non deve entrare nel campo di gioco.
Si deve supporre che si ha bisogno di un meccanismo ampio per applicare la medicina integrale nel calcio? Voi contate su questo?
Manca di elementi tecnici, che penso vadano incorporati velocemente. È questione che si prenda coscienza delle sue necessità. Io stetti all’estero e in molti paesi potei notare grandi meccanismi di tecniche avanzate, però insisto in un mio pensiero: noi, gli argentini, facciamo affidamento sulla mano e sulla mente dell’uomo pratico in tutto, intelligente, risolutivo, capace. E credere un poco più in noi stessi. Se a quello che teniamo unito, gli elementi tecnici, provato quando lo abbiamo raccontato, possiamo fare grandi cose. Confido nel condurre avanti l’esercizio della medicina nello sport.
Che succede con gli infortunati della nazionale?
Con riferimento a Juan Barbas, era qualcuno che si confuse nell’informazione (non fu LA CAPITAL), già che si congedò giorni fa. Leopoldo Luque cominciò a lavorare sotto la mia osservazione e già sta mettendosi in condizione. A proposito di Carlos Fren, che è quello che sta seriamente infortunato, iniziò con pratica molto leggera, però sono ottimista, lo dico sotto la mia responsabilità, che vanno ad essere in condizione per il Mundialito. Con la sua filosofia. Devoto a dare esempi di quello che fa, impiegando proverbi popolari. Lasciando intravedere il senso umano. E molto entusiasmato nello sviluppare, con linguaggio diretto, ampio ed esaustivo, la passione che sente per la medicina e per il calcio, Ruben Oliva timbrò la sua autenticità, nel dialogo con LA CAPITAL, di essere uomo del processo “selezione nazionale”. E questo è sano dirlo.
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