Importante declaraciones del Dr Ruben Dario Oliva


Importanti dichiarazioni del Dr Ruben Dario Oliva
Il medico della selezione nazionale di calcio, Ruben Dario Oliva definì come parte della sua funzione di rendere concreto un organismo sanitario centrale dipendente dall’Associazione di calcio argentino che elabori norme perché siano applicate ai clubs.
Oliva ritornò dall’Italia, paese, dove sta radicato da molto tempo, per farsi carico dell’attenzione medica delle squadre dell’AFA, compito che già svolse con la selezione maggiore durante l’ultimo mondiale di calcio.
In un’intervista con Noticias Argentinas, Oliva rilevò che il suo compito immediato sarà raddrizzare la funzione medica specifica riferita alla parte medico-fisico-sanitaria delle squadre che dirige Cesar Luis Menotti. Durante il trascorso della conversazione, Oliva si negò a fare dichiarazioni concernenti il conflitto con il dottor Adolfo Fort durante l’epoca preparatoria dei mondiali e che motivarono la sua esclusione dal corpo tecnico della selezione.
“Questo è un problema già superato che risolse nelle sue possibilità il responsabile del corpo tecnico della selezione Cesar Luis Menotti e non compete a me confutare opinioni di qualsiasi tipo che si abbiano” rilevò.
Circa la sua idea di strutturare un organismo sanitario centrale dipendente dall’AFA, disse che “è necessario che si abbia una linea generale qualificata degli studi ed esami medici che si debbono realizzare nella popolazione sportiva dei clubs”.
“Questo servirà per armonizzare i criteri, a volti diversi, in quello che merita l’attenzione dei calciatori” aggiunse.
Il medico della selezione nazionale di calcio segnalò che in questa maniera si potranno mettere le basi per organizzare gli aspetti sanitari e biologici del calcio e la cura dei giocatori delle diverse regioni del paese, “le cui caratteristiche etniche sociali ed epidemiologiche sono tuttavia distinte”.
Disse che l’esperienza amministrativa dell’AFA permise l’organizzazione del campionato mondiale, la cui conseguenza più visibile fu l’ottenimento della coppa del mondo e che questa stessa esperienza si può applicare nella creazione di un organismo centrale e periferico di contenuto medico sanitario.
“Questo faciliterà la possibilità di tenere un metro di comando sanitario alla pari di guidare il capitale umano in ciascun club con validi e moderni criteri”, disse.
Rilevò che così si faciliterà il conseguimento di calciatori professionisti non solamente preparati nel calcio, anche che sappiano e conoscano in materia di educazione sanitaria.
“Il perfezionamento di questo compito e la sua realizzazione nei clubs deve appoggiarsi alla struttura che l’AFA crea a tale scopo e che dovrà inoltre tenere come base il dialogo permanente dei professionisti responsabili” manifestò.
Espresse che senza la partecipazione attiva dei medici professionisti, la creazione di una struttura sanitaria nell’AFA e l’elaborazione di norme per essere diffuse nei clubs, potrebbero definirsi lettera morta.
Per ultimo Ruben Dario Oliva manifestò che “esistono statistiche di quelli che han raggiunto il traguardo, di quelli che han trionfato, però non c’è una statistica che stabilisca quanti giocatori si son persi o non hanno vinto come avrebbero meritato, per le loro condizioni, per mancanza di guide responsabili”.

Medicina deportiva


El prof Oliva ira a un importante congreso


Adolescencia y escuela secundaria


Congreso en San Pablo de los medicos deportologos




Da La Capital del 26.04.1963

Jim Lopez firmo como contrato como entrenador de Rosario Central


Calciatori attenti: la pubalgia non esiste


Da Il Giorno del 2.02.1982 a cura di Giorgio Reineri

Merito d'un giovanotto di Parma se l'Argentina aveva tanta birra

























Da Il Giorno del 27.06.1978

Los inconvenientes y peligros del autopedalismo infantil competitivo


Da La Capital del 06.05.1956 a cura di Ruben Dario Oliva

Estan matando al futbol


























Da La Capital del 23.09.1996 a cura di Sergio Faletto

Stanno uccidendo il calcio

Il tassista che ci porta nella Capitale Federale, al comunicargli che avremmo avuto un’intervista con il Dottor Oliva, si espresse in questa forma brutale: Oliva, il grande mago. E aggiunse: questo tordo è un fenomeno, non c’è lesione che gli resista. Descrive, ancor di più, il dialogo che abbiamo avuto con il rosarino di adozione, nacque a San Justo, Santa Fe’, che anni fa elesse Milano come residenza. “Mi da molta felicità poter parlare con La Capital di Rosario, perché a questa città devo gran parte della mia esperienza, e soprattutto con il Club Rosario Central”, segnalò il Dottor Oliva all’inizio della conversazione.
Dottore, voi proponeste il termine di deporto logo ai medici che lavoravano nell’ambiente sportivo.
Io non inventai nulla. L’unica cosa che feci fu riprendere la bandiera nel 1955 e presentai una mozione nel primo congresso argentino dello sport che ai medici vincolati alle attività sportive li chiamassero deportologi. Perché teniamo l’orgoglio che nel nostro paese, ne l1923, nel club Gimnasia y Esgrima di Buenos Aires, il dottor Leopoldo Grassi tenne il primo dipartimento di medicina sportiva.
Cosa è un medico deportologo?
La medicina dello sport è un’attività interdisciplinare e integrale che studia l’individuo da un punto di vista dinamico, non statico. E’ come valutare il pesce e non il pesce pescato. E il medico deporto logo è quel medico che tiene una preparazione in vari rami della scienza. Un traumatologo, o un radiologo, o un clinico, non è un deporto logo. E la cosa più importante da sottolineare è che la medicina dello sport è per un 70% preventiva – orientativa e per un 30% terapeutica.
Come definisce un buon deportologo?
Il medico che previene le lesioni e non quello che cura velocemente. Buono è quello che passa poco appariscente, però quello che succede a volte è che la sua smania di protagonismo lo alza a chiedere fama mediante un’operazione e non un eccellente prevenzione. Quando la stampa sottolinea ad un medico per le poche lesioni che assiste, forse li cambia la storia.
La sua gran lotta fu la creazione di un Centro Nazionale di Medicina dello Sport per realizzare un’attenzione dinamica e normativa.
Si però non lo ottenni. Presentai un progetto , però il golpe del 55 frustò la realizzazione. Così che grazie all’esperienza che tenni nel Rosario Central nel 1961, prima come preparatore fisico e poi come medico, fu accettando la proposta. Ti rendo noto che entrai per concorso , cosa alquanto degna da sottolineare nel direttivo oro azzurro. Per questo non mi dimentico di Flynn. Brevemente, nel 1962 , mi convocarono per seguire la selezione nazionale in Cile, però a causa della resistenza dei traumatologi, decisi di rinunciare. E la gran opportunità di creare il centro fu nel 1978, però Menotti, che disse di condividere l’iniziativa, no quiso, non potè o non volle seppe come spingere la cosa.
È un debito di Menotti con te?
Se uno condivide l’aspetto teorico, deve anche condividere l’azione. Non credo che sia un debito con me, in ultima analisi è con lo sport in generale. Il paese deve avere un centro di queste caratteristiche, però è chiaro che esistono interessi economici molto forti perché questi tipo di iniziative non si concretizzino.
Questo succede perché siamo sottosviluppati?
Il nostro maggior problema è l’interruzione della memoria storica. Per questo preferisco la definizione che l’Argentina è una paese sottoamministrato. Un paese con cinque premi Nobel, con una motorizzazione popolare per tempo con il Ford T e lo Chevrolet , l’Italia si motorizzò dopo la seconda guerra mondiale con la Fiat 600, nessun progresso in relazione per la cattiva amministrazione. E la crescita sportiva di una popolazione è intimamente vincolata allo sviluppo tecnico. Se no, non si spiega che Fangio ha vinto cinque volte il campionato mondiale. L’Africa produce maratoneti, non piloti.
Dottore , parliamo di calcio
Stanno uccidendo il calcio. Si producono molte lesioni negli allenamenti che nelle partite. Ed esso si deve a coloro i quali hanno elevato questo gioco da un ritmo umano ad uno isterico. Molti medici nevrotizzano i ragazzi. Si dimenticano dell’uomo. Le do un esempio.: un meccanico prepara un motore, lo mette a punto e lo prova, però non lo prova durante la settimana tre volte di più di quello che dura la carriera. Nel calcio si. Durante la settimana ai giocatori viene chiesto un rendimento fisico superiore ai 90 minuti. Chiedono agli atleti in veste di calciatori, e così il non c’è fisico che resista.
Come si risolve questo?
Rompendo con il sistema instaurato per gli interessi industriali e commerciali. Chiaro che per questo abbiamo da appellarci al sentire comune dei dirigenti, perché questo non si animano a deciderlo per i poteri economici che determinano a giocare un Mondiale all’una del pomeriggio.

El mejor estimulante



























Da Clarin del 17.11.1987 a cura di Ruben Dario Oliva


Il miglior stimolante

Nel mondo dello sport molto si è parlato degli stimolanti. Dei pregiudizi che portano e di quello che s’intende conseguire con il loro uso. Io sostengo che il miglior stimolante per lo sportivo è la motivazione. Essa è la miglior formula per aumentare il suo rendimento. Nulla c’è nell’intelletto che non passa per il sentimento, afferma il concetto aristotelico. E’ che il sentimento sono le cose che installano un filtro perché certe cose le incorporiamo con i piaceri e altre non ci piacciono. Da qui l’importanza del tono affettivo, poi la personalità conta per ampliare idee, vivere, lavorare e rispondere . Questo tono affettivo che in alcuni aspetti si può qualificare come stato emozionale produce una specie di coefficiente di vibrazioni univoco che invade tutto l’organismo. Le emozioni aumentano o diminuiscono gli stimoli corticoidi ossia la corteccia cerebrale comanda al funzionamento dell’organismo e serve come sintetizzatore delle relazioni fra l’individuo e l’ambiente e dell’ambiente con l’individuo.
Gli stimoli che le emozioni esercitano nei confronti della corteccia cerebrale fanno si che questo lavoro avvenga attraverso le onde di eccitazione e le onde d’inibizione, che si diffondono a tutto l’organismo per il sistema nervoso. A sua volta, la corteccia cerebrale tiene una grande economia di sforzi e lavora solamente quando è richiesta una stimolazione esterna, che, come diciamo, sempre tiene il suo tono affettivo.
Come sappiamo il sistema muscolare non è solo un sistema per il movimento, allo stesso tempo è un grande sistema d’informazioni, e ricchissimo negli stimoli per svegliare la corteccia.

TEMPERAMENTO E CARATTERE

Per capire questo meccanismo, si devono considerare i diversi temperamenti dell’essere umano, che provengono dalla storia famigliare o sono vincolati alle origini etniche o storiche, come i sanguigni dei latini o la flemma degli anglosassoni. Il sistema nervoso è intimamente unito ad un sistema endocrino con un certo tenore di ormoni, che circolano nel sangue come messaggeri chimici, e sta intimamente unito alle reazioni dei diversi caratteri.
Per questo motivo, le reazioni degli uomini, d’accordo con il suo temperamento, son diverse. Non si possono trattare tutti alla stessa maniera, curare nello stesso modo o motivare tutti nello stesso modo. Allora, le risposte istintive dell’individuo si temprano con una corretta formazione del carattere, e che non nasce con essa: si forma per l’educazione, la società dove vive, la cultura, le abitudini, eccetera.
E quando un carattere sta ben conformato può attenuare un temperamento molto aggressivo o molto espansivo, o portarlo all’ottimismo se tiene una tendenza malinconica. La motivazione è fondamentale nei suoi aspetti biologici, però lo è più nel concretarsi ciò che appare astratto: nell’applicazione all’attività teorica e pratica di un gruppo. Questa capacità di motivare il gruppo degli atleti è la condizione primordiale che deve riunire le persone che tengono abilità di conduzione.
Nell’uomo è ancestrale e primitivo auto stimolarsi davanti ai pericoli, che è non più che elevare quest’onda di diffusione e di eccitazione della corteccia cerebrale: quando va in guerra gridando al rullio dei tamburi, quando attraversa il pericolo del bosco fischiando, o nello specifico del calcio, i diversi riti che si praticano negli spogliatoi e nel tunnel prima di entrare nel campo.
Questo tipo di stimoli pone una vibrazione, come se fosse un reostato, a tutti i neuroni del sistema nervoso e del circuito neuroendocrino. Per questo motivo si producono questo tipo di reazioni vitali, che l’uomo tiene in considerevole quantità, e si generano cambi da situazioni negative a positive. Per esempio, per effetto del grido proveniente dagli spalti.
Questo problema di motivazione che parte dal tono affettivo emotivo, con le basi e le caratteristiche che diciamo, non fa altro che porre in movimento un circuito che ha come centro la corteccia e nella scala discendente all’asse cortico-ippotalamico-ipofisico-surrenale. In definitiva fa apparire le secrezioni che elevano il tasso di distinti ormoni nel sangue, e dentro loro, l’adrenalina e la noradrenalina. Questi ormoni producono un aumento del rendimento biologico ed integrale dell’individuo perché, curiosamente, dovuto alla motivazione e in dosi normali, non segregandosi per additivi che sono soliti essere controproducenti, indicono alla dilatazione pupillare, vasocostrizione nei piedi e vasodilatazione a livello muscolare, il che determina un aumento d’irrigazione a tutti i muscoli, maggior flusso di sangue al cervello, dilatazione delle coronarie e degli alveoli polmonari per una migliore respirazione. Si hanno così, biologicamente, gli elementi proiettati ad un miglior rendimento, con vivacità cerebrale, con irrigazione e tonicità del cuore, dei muscoli e una migliore ventilazione polmonare. L’organismo tiene, intanto, i suoi propri elementi per aumentare il rendimento e questo spiega la parola motivazione. Da al corpo una base neurofisiologica, biologica, ormonale e umorale.
Tutto questo funzionamento permette di alzare al giocatore, unito all’educazione, il buon orientamento degli allenamenti, la pedagogia e la didattica, verso l’unico strada vera per ottenere un ottimo rendimento. Al contrario, quando si pretende di aumentare il rendimento con l’uso degli psicostimolanti, si crea una situazione paradossale. E’ che l’aumento per messo della droga (chiamate tuttavia amina sveglie) di un tasso anomalo nell’equilibrio biologico, può determinare, una volta, un’onda di sovreccitazione, un’onda di depressione. L’individuo si obnubila, perde coordinazione, perde il senso spazio-temporale e può pregiudicarsi gravemente. E’ comprovato che gli psicostimolanti somministrati in forti dosi, causano uno stato simile a certi quadri clinici schizofrenici.
In prove realizzate per noi nella Scuola di Medicina sportiva dell’Università di Milano abbiamo dimostrato, durante gli anni, con atleti di diverse specialità, che la somministrazione di anfetamine non ha aumentato il rendimento né ha aumentato il consumo di ossigeno. Si è comprovato, inoltre, che le alti dosi di anfetamine determinarono un’alterazione del reostato che regola la temperatura corporea, arrivando a provocare ipertermia acuta e edema cerebrale. Come in alcuni casi di morti di ciclisti (soprattutto quando corrono ad alte temperature). L’edema, nella parte cerebrale, comprime il cervello dovuto al fatto che la cassa cranica è inestensibile, provocando cosi la morte del soggetto. I miti devono essere distrutti e strappati per una vera cultura sportiva. Il giocatore di calcio deve essere assistito, orientato, aiutato e soprattutto informato. In questo modo ascolterà coloro i quali pretendono di aiutarlo e non sentirà i canti delle sirene di quelli che sono suoi nemici potenziali, anche se questi canti paiono molto tentatori.

El futbol serà siempre humano



















Da Clarin del 11.05.1978 a cura di Ruben Dario Oliva














Come altro apporto di Clarin ai suoi lettori, da oggi cominciamo a pubblicare una serie di articoli del dottor Ruben Dario Oliva, medico sportivo argentino con estesa esperienza acquisita in conseguenza di una carriera per imporre la medicina sanitaria preventiva come fondamento basilare nello sport. Nel suo primo incontro, il capo attuale dei medici della selezione nazionale ci offre un’analisi del fenomeno sociale del calcio e la sua relazione con la medicina sportiva.
Che bello vedere una partita di calcio. Uno spettacolo di dimensioni umane, con ritmo naturale. Una società in miniatura, che esprime un’infinità di note psicofisiche comuni per la vita quotidiana. Girando da un marchio di pubblico attivo senza il quale questo spettacolo sarebbe ibrido. Kumkel, autore della corrente psicologica nosista, nel suo libro “La formazione del carattere”, non tiene altro esempio migliore per dimostrare oggettivamente il concetto di Noi con il quale ci s’incontra nelle manifestazioni emotive di una tifoseria durante una partita di calcio: allegria, paura, odio e ira (I quattro giganti dell’anima, secondo Mira e Lopez), vissuti ed espressi collettivamente da parte di migliaia di essere umani di distinta eterogeneità scoiale, economica, culturale e manifestate all’unisono in una sola emozione congiunta, che unisce in questo Noi alla necessità di aggregarsi dell’essere umano.
In una società dove i fattori di disgregazione aggrediscono costantemente l’uomo, il calcio si presenta come uno dei più alti esponenti che contribuiscono alla coesione e canalizza la tendenza, molte volte imperturbata, di desiderio di unione dell’essere umano. E quest’unione tiene, incluso, nella sua congiunzione, la dinamica della polarizzazione che essendo apparentemente antagonistica (tifosi di distinti clubs o paesi) coesistendo tonificano e costruiscono il mondo del Noi tanto desiderato.
Per tutto questo il calcio è lo sport degli sportivi. L’evoluzione mondiale del processo così lo indica e gradualmente si va ad incorporare alla competizione internazionale paesi senza tradizione calcistica. Quella vecchia idea di che il calcio non era sport perché “22 giocano e 80.000 guardano” fu alcune volte diffusa per quelli che non han tenuto o la sufficiente preparazione o lo calunniano per spiegare le implicazioni di questo fenomeno. Che sarebbe un Boca-River senza pubblico? Molto triste, senza dar luogo a dubbi. Ciò che viene espresso alle tensioni emotive nel pubblico, la parte attiva che impegna il pubblico trae come semplice conseguenza illustrativa che alla fine di una partita è più stanco quello che guarda che quello che gioca.
Il calcio fu scelto per il PRODE. Perché? Perché sono tanti i fattori che intervengono che è impossibile combinare i risultati, come tuttavia è molto difficile fare giudizi definitivi sul futuro di giovani giocatori di distinte caratteristiche psicofisiche che lo praticano. La scelta di un giocatore di basket si può fare a una giovane età per la sua staturaportandolo ai centri dove s’insegna a giocare. Io vorrei vedere se è possibile scegliere un giocatore di calcio per la sua taglia. Questo completa a partire dall’obiettivo individuale i complessi aspetti che fanno il calcio nel suo complesso. È dire, le caratteristiche tecniche del basket non è che siano inferiori o superiori, sono distinte.
Nessun computer può essere provvisto di un programma soggetto completo per codificare i risultati calcistici. L’uomo che fece il robot mai sarà un robot. Gli aspetti soggettivi del calcio non possono essere passibili di essere programmati prima e fino al presente, nessuna macchina elettronica può decidere le intenzioni di una giocata. Per questo il calcio sarà sempre umano, giocato da umani, valutato e diretto nelle sue azioni da essere umani. L’arbitro persino mai potrà essere rimpiazzato dall’occhio elettronico.
Parlando in generale del fenomeno sportivo già l’UNESCO lo qualificò circa più di dieci anni fa come il più grande atto sociale dell’Era Moderna e qualificato nelle sue pubblicazioni “democratico e internazionale per eccellenza, deve essere motivo di preferibile attenzione da parte degli stati moderni e di tutti i facenti parte delle distinte discipline scientifico-tecniche che fanno lo stesso. Tuttavia l’Organizzazione Mondiale della Sanità studiò preferibilmente detti problemi e precisò le sue relazioni intime con i problemi medico-sanitari, con la salute pubblica nazionale, con la riabilitazione, con le affezioni cardiovascolari, con la vita media dei sedentari e degli sportivi, creando in Losanna, Svizzera, gli archivi medici olimpici, che generalizzano la sua costituzione con una frase che dice così: “La medicina dello sport tratta nelle sue azioni di rimpiazzare al Dio mitologico delle Olimpiadi per la causa di servire alla medicina preventiva”.

Doctor Oliva, hombre de futbol







Da El Grafico a cura di Guillermo Blanco

Distincion para el doctor Oliva


Da Clarin del 05.05.1986

Culmina dos anos de estudios en Milan un Argentino especializado en Medicina


Da Clarin del 27.07.1968 a cura di Lino Pellegrini

Colaboracion muy valiosa


Da Clarin del 13.12.1980

E tu atleta renderai al massimo







Lo tratto uguale a mio figlio


Da Clarin del 09.11.1983

L'Argentina dei giovani


Da Il Giorno del 17.05.1980 a cura di Giorgio Reineri

La medicina sportiva? Un fantasma


Da Il Giorno del 29.10.1980 a cura di Giorgio Reineri

La droga y el ritmo biologico


Da Clarin del 06.06.1978 a cura di Ruben Dario Oliva

La aplicacion del frio como terapia
























Da Clarin del 18.06.1987 a cura di Ruben Dario Oliva


L’applicazione del freddo come terapia

Da molti anni viene applicata con esito positivo la tecnica della crioterapia (applicazione del freddo) nei casi di infiammazione non infettive sia dell’ordine traumatico o no. C’è un’infinità di sportivi curati da me che possono dare ragione a questa teoria. E questo della terapia del freddo è un grande capitolo che nessuno ha considerato né compreso dovutamente. Tutto parte dal processo di infiammazione. E questo è un aspetto che si studia nella facoltà di Medicina e che è caratterizzato per quattro parametri fondamentali che sono il dolore, il tumore, calore e rossore (quaterna di Celso). Il primo è ovvio e si salta la descrizione; fuori dalla cerchia medica si dice tumore all’edema; il calore è facile da individuare nella zona infiammata, è come una specie di febbre locale (ipertermia); e rossore significa una congestione della zona, quando si pone rossiccia e predomina il colore rosato.
Per combattere le infiammazioni si mette nella mente al medico che la cosa consigliabile è l’applicazione del calore. E questo è un concetto valido per i casi di infiammazioni infettive. Di cui l’esempio più comune è il foruncolo. Con il calore si circoscrive il fuoco infiammatorio, matura il foruncolo, come dicevano gli antichi e i moderni medici, e da li si estrae, una volta maturo, con il fuoco purulento duro.
Questo è un esempio che pare invadere la mente del medico quando di infiammazione si tratta, senza fare le differenze vitali entro le quali è di carattere infettivo, come può essere l’origine per una ferita che sia infetta, o di origine traumatica.
Però la chiave sta nel tenere molto in conto il caso delle infiammazioni non infettive. Come per esempio l’infiammazione di ordine reumatico, per la quale, per tradizione, si ha applicato la medesima tecnica terapeutica incorrendo in un grosso errore.
Non si fece eccessivo anni fa, per queste affezioni si fece un passo avanti, quando alcuni introdussero l’applicazione del freddo per lo meno nelle prime 48 ore. Prima si mette freddo e poi calore.
Per i trattamenti di calore si applicarono tutti i tipi di elementi; il panno caldo, con la lampada di alcol e dopo con lampade elettriche, cosa tipica che si faceva anni fa negli spogliatoi di calcio; le compresse calde, le sanguisughe; in Italia si usava la fangoterapia, la sabbia calda e l’evoluzione degli strumenti che portano calore svoltò nella coperta di tela termica, lampade elettriche, raggi infrarossi, lampade di onde corte, ultrasuoni, radarterapia, laser e magnetoterapia negli ultimi tempi. Tutti producono nel fondo di congestione e calore, controindicata per il dolore traumatico.
Io fui uno di quelli che combatté la tecnica delle 48 ore di ghiaccio e poi di calore, perché questo calore ritarda tutta l’evoluzione effettiva all’inizio. Se in un incendio una brace cade incendiata e poi gli si mette nafta, intanto è così sicuro che rinascono le fiamme.
Come gli spiego ai pazienti la cosa controproducente che può essere utilizzare una tecnica sbagliata? L’esempio che uso è molto semplice. Le dico che il fare calore nella zona colpita è lo stesso che in un incidente d’auto due poliziotti cercano di soccorrere un ferito e la gente si ferma per la curiosità, rendendo difficile le pratiche sanitarie, obbligando a chiedere alla gente di circolare per poter aiutare l’infermo. Questa gente che arriva al luogo dell’incidente equivale a quello che in un trauma, uno fa affluire il sangue con il caldo, che produce vasodilatazione. Questo, ovviamente, non aiuta al fuoco traumatico.
Parliamo degli effetti negativi del caldo nell’infiammazione non infettiva, però quali sono i benefici del freddo? Produce una diminuzione immediata nel metabolismo della zona colpita. Ritornando all’esempio del incidente di transito, evita il concorso dei curiosi che disturbano l’attenzione verso il ferito.
Ed i trattamenti con ghiaccio in molti casi devono essere di lunga durata, per settimane, in forma continuata prima e poi alternata. Cerco con quello di calmare la permeabilità delle membrane, diminuire il metabolismo locale. Il freddo compie funzioni anticongestive e anestetizzanti. Quando in una lombo sciatalgia si comincia con l’applicazione del calore, che in principio produce un sollievo, dopo c’è da attenersi alle conseguenze del ritorno di questo dolore, perché questo tipo di terapia aumenta la degenerazione del disco invertebrale e provoca con crepe l’apparizione dell’ernia del disco. Per questo c’è da stare attenti nella scelta della terapia da seguire, tenendo in conto che una tecnica incompresa può condurre ad alterazioni di insospettata ampiezza.

Es imprescindible valorar la profesion


Da Clarin del 13.02.1987 a cura di Ruben Dario Oliva

E il medico dei calciatori diventa anche uno stregone


Da Repubblica del 29.06.1982 a cura di Oliviero Beha

El medico personal de Maradona

Il medico personale di Maradona

Si Diego Armando Maradona, oggi il migliore calciatore del mondo, se potrà giocare il mondiale in Messico al massimo livello del suo rendimento fisico, lo deve , in parte, in maniera speciale, a un medico che si occupò di lui tanto in Argentina come a Barcellona e adesso in Italia,, e che, grazie ai suoi consigli, gli evitò di soffrire, un anno fa, un intervento chirurgico che inevitabilmente avrebbe compromesso la partecipazione del giocatore nel mondiale messicano, dal quale arrivò il trionfo della squadra argentina.
Ci riferiamo al professore Ruben Dario Oliva, noto traumatologo argentino (fu medico, tra l’altro, della nazionale argentina nei mondiali del 1978 e del 1982), medico sportivo e scientifico di fama internazionale, da anni residente in Italia.
“Atleta di laboratorio”
L’incontro con il professore Oliva, il quale lo conosciamo da anni, ebbe luogo in Buenos Aires recentemente, durante le feste di fine anno.
Si può continuare facendo sport dopo i 40 anni? Gli chiedemmo fra le altre cose.
Senza dubbio. La longevità è un fatto ereditario che ovviamente non si incontra in farmacia. Il medesimo discorso vale per le condizioni fisiche di ciascun individuo. Basta pensare che alcuni cosmonauti sono scelti con età fra i 40 e i 50 anni.
Esiste o no il cosiddetto atleta di laboratorio?
L’idea di aiutare gli atleti è tanto antica come la conoscenza stessa. Oggi i metodi scientifici di allenamento e gli strumenti per misurare e mantenere sotto controllo lo sforzo degli atleti non tiene praticamente limite. Furono messi a punto apparati e metodi di analisi biofisiologico e psicologico che anni fa erano impensabili. Esistono computers che analizzano persino nei minimo dettagli tutti i movimenti degli atleti che compiono. Si mettono i battiti del cuore, le onde cerebrali e le tensioni muscolari. Si tiene in conto incluso la psicologia degli atleti per stabilire con che mezzi e con che trattamenti è possibile mantenere al massimo del suo rendimento. Il Comitato Olimpico Biomeccanico di Colorado Springs mise a punto una piattaforma della forza che sta in condizioni di calcolare l’intensità e l’ampiezza della forza dell’organismo di un atleta mentre affronta la competizione. Il laboratorio serve senza dubbio per completare, però non per creare. I distinti tests di rendimento cardiocircolatorio, respiratorio, metabolico, eccetera, sono complementari della formazione dell’atleta sempre che esistano le seguenti condizioni fondamentali:1) la capacità psicofisica di ordine genetico dell’atleta; 2) l’idoneità professionale e la profonda esperienza pratica e scientifica del medico sportivo e dell’allenatore. L’atleta, può , non si può costruire in un laboratorio. E. altrettanto, è molto importante che il medico, al seguito, sappia servirsi bene del sentito comune e non utilizzi le tecniche che , alla lunga, possono pregiudicare le condizioni innate del soggetto.
Medicina sportiva
Che cosa può suggerire come terapia immediata quando qualcuno si consuma in un’attività, incluso anche non sportiva?
Prima di tutto devo ricordare la necessità di non applicare terapie di origine medioevale. In quella epoca, effettivamente, la scienza non esisteva anche se la peste e altri tipi di epidemia stavano presenti. Però, per rispondere all’interrogante presente, prima di tutto devo far presente che quando qualcuno si consuma bisogna cercare un medico idoneo per curare il colpo. Mentre lo si aspetta, l’unica terapia efficace è la borse del ghiaccio che si deve applicare nella parte dolente. Così si alleviano, almeno in un primo momento., le infiammazioni e non le infezioni. Si deve evitare perché producono irritazioni nella zona colpita, le seguenti terapie: calore, barro, ultrasuoni, radar, rontgen, ionoforesi, pomate varie e ultimamente la laserterapia e magnetoterapia. Menzione a parte meriterebbe la marconiterapia. Lo stesso Marconi si meraviglierebbe non poco se fosse informato che la sua scoperta del telegrafo senza fili e la tecnica delle radiocomunicazioni si applicano nella medicina per curare sindromi dolorose. Le distinte guerre portarono la tecnica medica a nuove scoperte, come avvenne durante la seconda guerra mondiale e l’utilizzo del radar dopo utilizzato per il trattamento delle infiammazioni.
Che pensa della medicina sportiva?
A prima vista pare una disciplina semplice, però in realtà è una profonda scienza interdisciplinare che studiando, per la prima volta, l’uomo in movimento a livello di elite ha illuminato, agli inizi del secolo, con la sua filosofia biologica, tutti gli altri rami della medicina che portavano avanti una concezione statica della biologia, dimenticando la vecchia scuola ippocratica che la medicina dello sport rinnovò. Per esempio, la cardiologia oggi non è aggiornata se non si fanno esami ergono metrici e funzionali. Tali esami agli inizi del secolo si effettuavano solo a certi gruppi di atleti; oggi si applicano a molta gente. Il cardiologo comprese che l’elettrocardiogramma a riposo solo non dimostra la capacità funzionale del cuore e che, di conseguenza, un uomo può morire mentre rincorre un pullman anche nel caso che poco prima gli abbiano confermato, mediante uno studio elettrocardiografico, che il suo cuore funzionava perfettamente. La traumatologia ha intuito alcuni principi funzionali: per esempio, ricorrere il meno possibile alla immobilizzazione prolungata, precisamente come la chirurgia generale tende ogni volta più ad attivare rapidamente la mobilità. Incluso l’ostetrica, attraverso il parto senza dolore, ha seguito i principi della medicina sportiva.



Ecco come cercheremo di vincere i Mondiali


E' pronto a scatenarsi il vento della pampa


El apoyo precoz fue el gran acierto










Da El Grafico di Ruben Dario Oliva


L’appoggio precoce fu la grande certezza

La miracolosa guarigione di Maradona

La consolidazione della frattura, è dire la riparazione ossea, l’ottenimento del callo endostico che si forma dentro (il quale salda, no il periostio o fuori) , si ottenne precocemente. Stanno, per comprovarlo, le immagini radiografiche fatte nella seconda e terza settimana dopo la lesione.
D’accordo con i canoni classici della traumatologia e dei periodi previsti di immobilizzazione e di non appoggio, i colleghi spagnoli speravano di ottenere questa riparazione ossea dopo sei settimane. Pertanto, li sorprese osservare nella placca radiologica l’evidente ed effettiva consolidazione nella terza settimana. Per il percorso scelto e con i risultati alla vista già possiamo stare ampiamente soddisfatti. Al contrario, se si saranno seguiti i canoni classici, Maradona solo alla fine del prossimo mese di marzo potrà stare in condizione di giocare perché le previsioni erano di sette settimane di gesso, cominciare l’appoggio del piede già dopo questo periodo e pertanto, a partire da allora, lavorare nella riabilitazione.
Studiando il caso con il collega spagnolo Gonzalez Adrio, gli proposi un totale cambio di piani esponendogli in ciascuna opinione i fondamenti scientifici tecnici rispettivi. Gonzalez Adrio lo fece accettando con molti timori e quando nella terza settimana comprovò i risultati si identificò pienamente con la mia condotta.

Meno gesso e appoggio precoce

Proposi di ridurre il gesso da due a tre settimane prima; proteggere la caviglia da li in avanti con un bendaggio ed iniziare già, in questo momento, l’appoggio graduale aiutato con bastoni canadesi (stampelle). Durante la quarta settimana, Maradona lasciò le stampelle, camminò normalmente, e il 30 ottobre scorso scese le scale di casa sua per festeggiare il suo compleanno. Già camminava senza stampelle dal giorno anteriore. La diminuzione del periodo di fesso evitò ipotrofia (atrofia muscolare) tremendamente negativa per uno sportivo e le più comuni rigidità articolari, soprattutto nei legamenti, così come anche nella capsula articolare.
Ho un’altra verità: un Maradona con dieci o quindici gradi meno di flessione nella sua caviglia sinistra o con limitazioni nei movimenti di lateralità avrebbe sofferto una diminuzione nelle sue possibilità tecniche nel maneggiare la palla, che sono le cose che lo caratterizzano e differenziano dagli altri calciatori.
D’altra parte, i larghi periodi di gesso compromettono la riparazione ossea. Nella caviglia, specialmente, possono apparire complicazioni che si inquadrano dentro del capitolo del mal di Sudek, ampiamente conosciuto dai colleghi medici. Al tempo stesso si evitò un altro problema: che la fascia tibio peronea , che si forma al ripararsi del legamento tibio peroneo inferiore trasversale che unisce il perone alla tibia, si convertisse in una molto rigida impedendo, per eccesso di riparazione, il normale gioco dell’astragalo, che è l’osso della caviglia. La calcificazione si ottenne semplicemente, grazie all’appoggio precoce, che è una norma molto conosciuta e a volte dimenticata. Usando l’appoggio precoce in certi tipi di fratture, dove le forze sono longitudinali all’osso, si evitano i movimenti di lateralizzazione e si ottiene un bel callo. I medici nordamericani impiegarono questo sistema durante la guerra del Vietnam per recuperare i soldati e dopo pubblicarono un completo e positivo informativo medico riguardo il tema. E quello che fecero i medici americani nella decade degli anni sessanta, lo fece, agli inizi del secolo, quando io ancora non ero nato, Anguleta, un guaritore del mio paese santefesino di San Justo. Dall’aver studiato medicina, Anguleta, avrebbe fatto un saggio. Per semplice intuizione questo curatore trattava i casi di frattura di tibia trasversale e nette, non oblique, applicandole una fascia che era la stessa che fabbricava con vari tessuti e corde e facendo camminare immediatamente dall’incidente.
In questo caso, la tibia non stava fratturata ed il perone è un osso ausiliare nell’appoggio. Questo criterio biologico e meccanico mi indicò la necessità di applicare il processo e conseguire la necessaria elasticità nell’articolazione tibio peronea inferiore.

Lo stato attuale di Maradona

In una parola: Maradona presenta oggi la totale mobilità della caviglia, la consolidazione della frattura del perone. Non presenta nessuna complicazione clinica (edema residuale che sono tanto comuni, rigidità dei legamenti) rispondendo ai compiti già cominciando in condizioni normali e senza dolori.
Negli sportivi tiene enorme importanza la patologia delle parti molli (legamenti, capsule articolari, tendini, muscoli, nervi, etc..) e, senza sforzo, sono le meno conosciute o le meno chiarite. E in queste percezioni due cose chiamano all’attenzione: un concetto medico che in latino dice restituito integralmente, ossia lasciare all’individuo nelle condizioni che si avevano prima della lesione. Non si cura una radiografia, si cura un membro, un’articolazione, alla luce dell’individuo considerato nella sua totalità. E la restante è la iatrogenia, che è il danno che crea il medico all’infermo per un errore diagnostico o terapeutico. Per esempio, è molto comune che un giocatore infiltrato per molto tempo si altera tutta la coordinazione nervo muscolare della camminata ed allora zoppica per mesi ed anni. Si dice allora che stampella e questo è perché la larga fascia di gesso gli lasciò la gamba come chorro e soda, come si è soliti dire in ambiente calcistico.
Nel caso concreto di Maradona la mia preoccupazione fu di porre i meccanismi di neuro coordinazione della camminata. Per questo fa lavori con la palla, alternando la normale ed una più leggera di plastica, per facilitare i movimenti laterali. Con questo sto difendendo la requisitoria delle precisazioni tecniche.
Nella chirurgia ortopedica, gli interventi chirurgici, quelli che chiamo la falegnameria della medicina è una cosa relativamente semplice, sentita, però nella cosa che ho da curare , devo rispettare le reazioni biologiche. Un’operazione può essere un’opera d’arte però senza un concetto moderno di riabilitazione corre il rischio di fracassarsi. In cambio un’operazione normale, sentita più o meno bene con un processo corretto di riabilitazione sempre terminerà bene.
In quanto al caso Maradona voglio separare il criterio accertato del dottor Gonzalez Adrio all’insistere davanti ai suoi colleghi e obbligarli a che non si passasse alla via chirurgica.
In questo momento Maradona realizza tutti i giorni due sessioni di allenamento che tengono per obiettivo continuare con la riabilitazione della parte offesa , riconquistare la forza muscolare del suo piede sinistro e prepararsi fisicamente e tecnicamente per il suo ritorno, in forma individuale e collettiva.
A questi allenamenti giornalieri gli aggiungiamo tre sessioni extra (lunedì, mercoledì e venerdì) di ginnastica per potenziare i suoi gruppi muscolari.
Con questo trattamento Maradona sarà in grado di giocare a calcio a metà del mese di gennaio. E lo farà perché tanto lui quanto quelli che gli girano attorno lo hanno incaricato della massima responsabilità, a partire da un principio, dell’obbligo del recupero. Non osò più del minimo e i risultati, felicemente, già stanno alla vista.

Manifesto di Conferenza sulla Medicina Sportiva


L'ideale è l'allenatore-fratello