Ormai il calcio è diventato la madre di tutte le battaglie


Il Giorno del 09.02.1995 di Giorgio Reineri

M'interessa di più camminare


Correre o camminare? L’uomo moderno si è fatto questa domanda un mucchio di volte. Soprattutto quando il business mondiale della ginnastica aerobica ha preso un inusitato sviluppo negli ultimi decenni e l’aerobismo è stato presentato come una panacea, come una formula magica per combattere tensioni o come sistema del tutto nuovo per avvicinarsi al modello dell’uomo moderno. Non c’è dubbio che la scelta dell’essere umano debba essere rispettata e colui che desideri correre e ne tragga piacere, non deve essere impedito.
Ma se approfondiamo un poco la materia, scopriremo che l’uomo, essenzialmente, cammina. Che è un animaletto che vive nel fondo di un mare di aria (equivalente ai pesci che vivono nel mare). L’uomo vive nel fondo di un mare d’aria chiamato atmosfera. Ed è per definizione, un uomo terracqueo perché calpesta la faccia della Terra.
Ma, inoltre l’uomo è aerobico, perché respira l’aria e perché l’unico alimento che inghiotte come alimento gassoso è l’ossigeno.
Senza dubbio la funzione del camminare è la più importante che l’uomo possegga. E camminare è il lavoro più difficile di carattere neurologico che l’uomo deve imparare nel corso della sua vita. Imparare a camminare da adulto sarebbe uno sforzo terribile. Ma lo impariamo da bambini e armonizziamo i nostri 510 muscoli e le 208 ossa, articolazioni, sistema nervoso, apparato nutriente, in modo tale da comandare completamente il camminare e addirittura possiamo camminare e pensare.
Perché quando camminiamo, applichiamo un movimento che abbiamo fatto fin da bambini, la corteccia cerebrale si libera e si può pensare alle più alte sfere del pensiero umano. Un altro aspetto importante è che il costo energetico del camminare è insignificante. Camminare costa mezza caloria per ora per chilo di peso e per chilometro. Vale a dire che una persona di circa settanta chili, quando cammina per un chilometro alla velocità di cinque o sei chilometri l’ora, consuma mezza caloria per chilo e per chilometro, ossia un totale di 35 calorie. Praticamente niente. Solamente due cucchiaini di zucchero in un caffè. Inve3ce il costo energetico della corsa aumenta proporzionalmente alla velocità della corsa. Nella vita primordiale, l’uomo correva per necessità: per cacciare o sfuggire a una fiera che lo inseguiva. Oggigiorno i bisogni sono diversi. Corre quando deve prendere l’autobus o teme di arrivare tardi al lavoro. D’abitudine l’uomo non corre, cammina.
E qui stabiliamo le differenze: la gente corre per necessità o per divertimento. Anche il correre per divertirsi è accettabile. Ma bisogna far notare che quando corriamo a un certo livello di corsa che superi gli 8 o i 10 km l’ora, vale quando superiamo il trotterellare, non possiamo avere la mente libera per pensare.
Questa è una cosa fondamentale. Dietro allo sport si sono accodate le grandi imprese che hanno visto un immenso mercato dove poter piazzare i loro prodotti sportivi. L’abbigliamento, ad esempio.
L’aerobismo è rimasto intrappolato in questa ragnatela commerciale. E di conseguenza l’obbligatoria promozione che lo circonda può svilire e sminuire i suoi principi. A me non farebbe piacere che l’aerobismo si trasformasse in un oppio per la gente.
E’ per questo che viene a galla la parte commerciale che lo avvolge.
Inoltre c’è molta gente che prende gusto a correre in età avanzate. E a costoro bisognerà spiegargli che lo sport, qualunque esso sia, non è un fattore che può prolungare la vita. Non è nemmeno un fattore di malattia, ma evidenzia le differenti costituzioni e i deficit che sono in noi dalla nascita. Il creatore di questo momento di fulgore dell’aerobismo è morto mentre correva in un parco all’età di 50 anni negli Stati Uniti.
Ribadisco che assolutamente non penso di proibire di correre a chi si sente rilassato e contento quando corricchia o trotterella. Ci sono persone alle quali questo tipo di attività produce piacere, ma ce ne sono altre che compiono questo esercizio in un modo esasperato e nevrotico. A me non piacerebbe che l’aerobismo diventasse un consumo di massa perché la gente pensi meno e s’istupidisca correndo.
Colui che corre per tentare di scaricare le proprie tensioni, ha imboccato una strada sbagliata, perché non sta risolvendo il suo problema di fondo. Sta utilizzando l’aerobismo come fosse una specie d’ipnosi. Lo stress o le tensioni che si scaricano con la corsa non creano soluzioni e nemmeno sono un efficace rimedio di fondo.
Solamente una specie di scarica cieca delle tensioni, nel migliore dei casi con valore sintomatico, ma che non servirà per correggere la causa. Nella società moderna non possiamo risolvere molti inconvenienti di fondo. Si consumano tonnellate di pastiglie sedative e persino l’aerobismo è passato a compiere per molti una funzione analoga. E ciò vuol dire svilire completamente l’essenza dello sport. La corsa come via di fuga non aiuta minimamente.
Grandi flagelli dell’umanità sono la disinformazione, l’ignoranza, l’indifferenza. Per questa ragione elargire un poco d’informazione su questi temi è un contributo per i confusi e anche per la gente che corre in buona fede.

Il calcio

MARADONA MIGLIORA NON SARA' OPERATO?
Repubblica — 25 agosto 1985 pagina 26 sezione: SPORT
NAPOLI (a.m.) - Inseguono il 34 da 146 settimane, ma se li ispira Maradona i napoletani vincono al primo tentativo. Con 10 e 65, il numero della maglia e le lacrime con "Maradona che piange" la ruota di Palermo ha offerto un ambo popolare. Quattro ore dopo l' estrazione, nel pomeriggio, anche Maradona riceveva buone notizie. Il professor Ruben Dario Oliva, il medico segreto del campione appariva in una conferenza stampa per annunciare: "Maradona sta meglio. Deve sostenere un provino, quindi riprenderà la preparazione la prossima settimana. Potrà giocare un tempo il 4 settembre (Napoli-Lecce, Coppa Italia) e l' intera partita l' 8, Napoli-Como, prima di campionato". Oliva è apparso vagamente polemico con i medici della Federcalcio argentina ("non condivido trattamenti prima delle partite") ma s' è associato a quelli del Napoli nei giudizi: "Coincidono tre diagnosi. Il professor Jannelli, il medico sociale ed io abbiamo dato la stessa. Non c' è motivo di andare in Francia per una visita al ginocchio di Maradona, che intanto migliora. E se vi fosse la necessità di un piccolo intervento perchè andare in Francia se a Napoli c' è un chirurgo come Jannelli?". Detto questo non sarà più un "medico segreto". Lavorerà per il Napoli.

Il Tottenham utilizza il dottore che ha curato Maradona per i suoi giocatori più prestigiosi.


Da EVENING STARS del 11/04/2003


Il tutto per risolvere il problema dei numerosi infortuni.
Il Dottor Oliva ha già prodotto cure miracolose che hanno fatto in modo che i giocatori più famosi non restassero fuori per infortunio per mesi.
Il Dottor Oliva che abita a Milano, salutato da Maradona come “Stregone”, fu il dottore della nazionale argentina che vinse la coppa del Mondo nel 1978 e poi ancora nel 1982.
Maradona si fidava solo di lui e il difensore del Tottenham Mauricio Taricco crede che la sua carriera sia stata salvata dall’ottantenne, amante dello sport, che ha trovato la cura adatta per il suo mal di schiena dopo che quattro operazioni si dimostrarono inefficaci.
Ora il Tottenham ha inviato 11 dei suoi giocatori per essere curati da Oliva dopo che i chirurghi avevano affermato che solo un’operazione avrebbe risolto i loro casi. Hoddle l’ha etichettato come “genio”.
Il Tottenham sta ancora usando i metodi non ortodossi del dottore tedesco Hans Muller Wolfhart, che ha aiutato a curare M. Owen e J. Klinsman. Si dice che inietti cellule tratte da sangue di maiale con altre sostanze per la cura dei muscoli.
Stiamo cercando di risolvere i problemi degli infortuni cercando di scoprire il miglior modo di cura al mondo ha detto Hoddle. “Questo Oliva è un genio, uno fuori dall’ordinario. È fantastico.”
Olive è riuscito a rimandare Maradona in campo dopo due mesi nonostante avesse una caviglia rotta. Se ne avessimo mai bisogno, lui c’è ed è fantastico per noi.
Tra i molti giocatori con i quali ha avuto successo vi sono Poyet e Acimovic. Lo sloveno ha sofferto di un problema a un nervo per 4 anni che paralizzava la spalla sinistra. È stato curato alla clinica di Oliva con una combinazione di punture e manipolazioni ed è stato in grado di scendere in campo fra le riserve questa settimana con completa libertà di movimento. Eppure ad Acimovic era stato detto dai dottori che ci sarebbe voluta un’operazione che lo avrebbe tenuto lontano dai campi per sette mesi.
Oliva ha anche riportato Poyet in piena forma in questa stagione. La prima volta è riuscito ad impedire che Poyet si sottoponesse ad un intervento chirurgico inutile ai legamenti crociati. Olive è un chirurgo qualificato, sebbene non faccia più operazioni, ma è anche fisioterapista e dottore.
Il suo metodo si basa sull’identificare il corpo come un circuito e lui usa la sua conoscenza dei nervi e dei muscoli per scoprire dove sono i blocchi soltanto toccando con le mani. Tuttavia non applica le mani sempre sull’area sofferente.
Acimovic ha detto che nonostante lui gli dicesse dove fosse il male sulla spalla, Oliva finì con l’informarlo che il vero problema veniva da un’altra parte e gli fece iniezioni al collo.
“Me ne ha fatte tre, due sulla spalla e una sul collo, dove sono i nervi”. Le iniezioni sono come degli anestetizzanti ma non è come quando vai dal dentista” ha detto lo sloveno.
Oliva ama il calcio da quando faceva il portiere dilettante e ora è un amico personale di Taricco che dice: “E’ uno specialista in tutto: non ci sono paragoni in Inghilterra dove ciascuno ha una specifica specializzazione per i diversi infortuni. "Lui le cura tutte”. I suoi metodi non sono straordinari. Due anni fa tutti mi dicevano che avevo un problema di ernia. Mi hanno fatto 4 operazioni e soffrivo più di prima. Successivamente mi venne un dolore alla schiena e non riuscivo a dormire. Ero fuori da 11 mesi e mi capitò di leggere il libro di Maradona. Oliva è un uomo serio ma quando ti parla ti da un senso totale di fiducia.
Poyet aggiunse che doveva stare fuori per sei mesi ma per fortuna incontrò Oliva che gli controllò il ginocchio, gli chiese come avvenne l’infortunio e l’esatta posizione del corpo. Fu in grado di tornare in campo persino due settimane prima di quanto lui avesse predetto.
“La maggior parte dei problemi sono nella testa". Mi piace quell’uomo e mi piacerebbe averlo a disposizione per i Tottenham Spurs”.


Stanno uccidendo il calcio

Da La Capital del 23.09.1996 a cura di Sergio Faletto


Il tassista che ci porta nella Capitale Federale, al comunicargli che avremmo avuto un’intervista con il Dottor Oliva, si espresse in questa forma brutale: Oliva, il grande mago. E aggiunse: questo tordo è un fenomeno, non c’è lesione che gli resista. Descrive, ancor di più, il dialogo che abbiamo avuto con il rosarino di adozione, nacque a San Justo, Santa Fe’, che anni fa elesse Milano come residenza. “Mi da molta felicità poter parlare con La capital di Rosario, perché a questa città devo gran parte della mia esperienza, e soprattutto con il Club Rosario Central”, segnalò il Dottor Oliva all’inizio della conversazione.

Dottore, voi proponeste il termine di deportologo ai medici che lavoravano nell’ambiente sportivo.
Io non inventai nulla. L’unica cosa che feci fu riprendere la bandiera nel 1955 e presentai una mozione nel primo congresso argentino dello sport che ai medici vincolati alle attività sportive li chiamassero deportologi. Perché teniamo l’orgoglio che nel nostro paese, nel 1923, nel club Gimnasia y Esgrima di Buenos Aires, il dottor Leopoldo Grassi tenne il primo dipartimento di medicina sportiva.

Cosa è un medico deportologo?
La medicina dello sport è un’attività interdisciplinare e integrale che studia l’individuo da un punto di vista dinamico, non statico. E’ come valutare il pesce e non il pesce pescato. E il medico deporto logo è quel medico che tiene una preparazione in vari rami della scienza. Un traumatologo, o un radiologo, o un clinico, non è un deporto logo. E la cosa più importante da sottolineare è che la medicina dello sport è per un 70% preventiva – orientativa e per un 30% terapeutica.

Come definisce un buon deportologo?
Il medico che previene le lesioni e non quello che cura velocemente. Buono è quello che passa poco appariscente, però quello che succede a volte è che la sua smania di protagonismo lo alza a chiedere fama mediante un’operazione e non un eccellente prevenzione. Quando la stampa sottolinea ad un medico per le poche lesioni che assiste, forse li cambia la storia.

La sua gran lotta fu la creazione di un Centro Nazionale di Medicina dello Sport per realizzare un’attenzione dinamica e normativa.
Si però non lo ottenni. Presentai un progetto , però il golpe del 55 frustò la realizzazione. Così che grazie all’esperienza che tenni nel Rosario Central nel 1961, prima come preparatore fisico e poi come medico, fu accettando la proposta. Ti rendo noto che entrai per concorso , cosa alquanto degna da sottolineare nel direttivo oro azzurro. Per questo non mi dimentico di Flynn. Brevemente, nel 1962 , mi convocarono per seguire la selezione nazionale in Cile, però a causa della resistenza dei traumatologi, decisi di rinunciare. E la gran opportunità di creare il centro fu nel 1978, però Menotti, che disse di condividere l’iniziativa, no quiso, non potè o non volle seppe come spingere la cosa.

È un debito di Menotti con te?
Se uno condivide l’aspetto teorico, deve anche condividere l’azione. Non credo che sia un debito con me, in ultima analisi è con lo sport in generale. Il paese deve avere un centro di queste caratteristiche, però è chiaro che esistono interessi economici molto forti perché questi tipo di iniziative non si concretizzino.

Questo succede perché siamo sottosviluppati?
Il nostro maggior problema è l’interruzione della memoria storica. Per questo preferisco la definizione che l’Argentina è una paese sottoamministrato. Un paese con cinque premi Nobel, con una motorizzazione popolare per tempo con il Ford T e lo Chevrolet , l’Italia si motorizzò dopo la seconda guerra mondiale con la Fiat 600, nessun progresso in relazione per la cattiva amministrazione. E la crescita sportiva di una popolazione è intimamente vincolata allo sviluppo tecnico. Se no, non si spiega che Fangio ha vinto cinque volte il campionato mondiale. L’Africa produce maratoneti, non piloti.

Dottore , parliamo di calcio
Stanno uccidendo il calcio. Si producono molte lesioni negli allenamenti che nelle partite. Ed esso si deve a coloro i quali hanno elevato questo gioco da un ritmo umano ad uno isterico. Molti medici nevrotizzano i ragazzi. Si dimenticano dell’uomo. Le do un esempio.: un meccanico prepara un motore, lo mette a punto e lo prova, però non lo prova durante la settimana tre volte di più di quello che dura la carriera. Nel calcio si. Durante la settimana ai giocatori viene chiesto un rendimento fisico superiore ai 90 minuti. Chiedono agli atleti in veste di calciatori, e così il non c’è fisico che resista.

Come si risolve questo?
Rompendo con il sistema instaurato per gli interessi industriali e commerciali. Chiaro che per questo abbiamo da appellarci al sentire comune dei dirigenti, perché questo non si animano a deciderlo per i poteri economici che determinano a giocare un Mondiale all’una del pomeriggio.

Il miglior stimolante

Da Clarin del 17.11.1987


Nel mondo dello sport molto si è parlato degli stimolanti. Dei pregiudizi che portano e di quello che si intende conseguire con il loro uso. Io sostengo che il miglior stimolante per lo sportivo è la motivazione. Essa è la miglior formula per aumentare il suo rendimento. Nulla c’è nell’intelletto che non passa per il sentimento, segnala il concetto aristotelico. E’ che il sentimento sono le cose che installano un filtro perché certe cose le incorporiamo con i piaceri e altre non ci piacciono. Da qui l’importanza del tono affettivo, poi la personalità conta per ampliare idee, vivere, obrar e rispondere . Questo tono affettivo che in alcuni aspetti si può qualificare come stato emozionale produce una specie di coefficiente di vibrazioni univoco que invade tutto l’organismo. Le emozioni aumentano o diminuiscono gli stimoli corticoidi ossia della corteccia cerebrale comanda al funzionamento dell’organismo e serve come sintetizzatore delle relazioni fra l’individuo e l’ambiente e dell’ambiente con l’individuo.
Gli stimoli che le emozioni esercitano sopra la corteccia cerebrale fanno si che questo lavoro attraverso le onde di eccitazione e le onde di inibizione, che si diffondono a tutto l’organismo per il sistema nervoso. A sua volta, la corteccia cerebrale tiene una grande economia di sforzi e lavora solamente quando è richiesta una stimolazione esterna , che , come diciamo , sempre tiene il suo tono affettivo.
Come sappiamo il sistema muscolare non è solo un sistema per il movimento, allo stesso tempo è un grande sistema di informazioni, e ricchissimo negli stimoli per despertar la corteccia.

TEMPERAMENTO E CARATTERE

Per capire questo meccanismo, si devono considerare i diversi temperamenti dell’essere umano, che provengono dalla storia famigliare o sono vincolati alle origini etniche o storiche, come i sanguigni dei latini o la flemma degli anglosassoni. Il sistema nervoso è intimamente unito ad un sistema endocrino con un certo tenore di ormoni, che circolano nel sangue come messaggeri chimici, e sta intimamente unito alle reazioni dei diversi caratteri.
Per questo motivo, le reazioni degli uomini, d’accordo con il suo temperamento , son diverse. Non si possono trattare tutti alla stessa maniera , curare nello stesso modo o motivare tutti nello stesso modo. Allora , le risposte istintive dell’individuo si temprano con una corretta formazione del carattere , e che non nasce con essa: si forma per l’educazione, la società dove vive, la cultura , le abitudini, eccetera.
E quando un carattere sta ben conformato può attenuare un temperamento molto aggressivo o molto espansivo, o portarlo all’ottimismo se tiene una tendenza malinconica. La motivazione è fondamentale nei suoi aspetti biologici , però lo è più nel concretizzarsi ciò che appare astratto : nell’applicazione all’attività teorica e pratica di un gruppo. Questa capacità di motivare il gruppo degli atleti è la condizione primordiale che deve riunire le persone che tengono abilità di conduzione.
Nell’uomo è ancestrale e primitivo auto stimolarsi davanti ai pericoli, che è non più che elevare questa onda di diffusione e di eccitazione della corteccia cerebrale: quando va in guerra gridando al rullio dei tamburi, quando attraversa il pericolo del bosco silbando , o nello specifico del calcio, i diversi riti che si praticano negli spogliatoi e nel tunnel prima di entrare nel campo.
Questo tipo di stimoli pone una vibrazione, come se fosse un reostato, a tutti i neuroni del sistema nervoso e del circuito neuroendocrino. Per questo motivo si producono questo tipo di reazioni vitali, che l’uomo tiene in considerevole quantità, e si generano cambi da situazioni negative a positive. Per esempio, per effetto del grido proveniente dagli spalti.
Questo problema di motivazione che parte dal tono affettivo emotivo, con le basi e le caratteristiche che diciamo, non fa altro che porre in movimento un circuito che ha come centro la corteccia e nella scala discendente al eje cortico-ippotalamico-ipofisico-surrenale. In definitiva fa apparire le secrezioni che elevano il tasso di distinti ormoni nel sangue, e dentro loro, l’adrenalina e la noradrenalina. Questi ormoni producono un aumento del rendimento biologico ed integrale dell’individuo perché, curiosamente, dovuto alla motivazione e in dosi normali, non segregandosi per additivi che sono soliti essere controproducenti, indicono alla dilatazione pupillare, vasocostrizione nei piedi e vasodilatazione a livello muscolare, il che determina un aumento di irrigazione a tutti i muscoli, maggior flusso di sangue al cervello, dilatazione delle coronarie e degli alveoli polmonari per una migliore respirazione. Si ha così, biologicamente, gli elementi poiettati as un miglior rendimento , con vivacità cerebrale, con irrigazione e tonicità del cuore, dei muscoli e una migliore ventilazione polmonare. L’organismo tiene, intanto , i suoi propri elementi per aumentare il rendimento e questo spiega la parola motivazione. Da al corpo una base neurofisiologica, biologica, ormonale e umorale.
Tutto questo funzionamento permette di alzare al giocatore, unito all’educazione, il buon orientamento degli allenamenti, la pedagogia e la didattica, verso l’unico strada vera per ottenere un ottimo rendimento. Al contrario, quando si pretende di aumentare il rendimento con l’uso degli psicostimolanti, si crea una situazione paradossale. E’ che l’aumento per messo della droga(chiamate tuttavia aminas sveglie) di un tasso anomalo nell’equilibrio biologico, può determinare, una volta, un’onda di sovraeccitazione, un’onda di depressione. L’individuo si obnubila, perde coordinazione, perde il senso spazio-temporale e può pregiudicarsi gravemente. E’ comprovato che gli psicostimolanti somministrati in forti dosi, causano uno stato simile a certi quadri clinici schizofrenici.
In prove realizzate per noi nella Scuola di Medicina sportiva dell’Università di Milano abbiamo dimostrato, durante gli anni, con atleti di diverse specialità, che la somministrazione di anfetamine non ha aumentato il rendimento né ha aumentato il consumo di ossigeno. Si è comprovato, inoltre, che le alti dosi di anfetamine determinarono un’alterazione del reostato che regola la temperatura corporea, arrivando a provocare ipertermia acuta e edema cerebrale. Come in alcuni casi di morti di ciclisti (soprattutto quando corrono ad alte temperature) . L’edema, nella parte cerebrale, comprime il cervello dovuto al fatto che la cassa cranica è inestensibile, provocando cosi la morte del soggetto. I miti devono essere distrutti e strappati per una vera cultura sportiva. Il giocatore di calcio deve essere assistito, orientato, aiutato e soprattutto informato. In questo modo ascolterà coloro i quali pretendono di aiutarlo e non sentirà i canti delle sirene di quelli che sono suoi nemici potenziali, anche se questi canti paiono molto tentatori.

La medicina sportiva? Un fantasma

Il Giorno - Articolo apparso il 29.10.1980 scritto da Giorgio Reineri

La denominata pubalgia non esiste

Da questo punto di vista la definizione è un grave errore, perché si qualifica il dolore con la parte anatomica nella quale si presenta

Chiamato in causa per definire il mio punto di vista riferito a questo male, del quale soffrirono e soffrono numerosi atleti, tratto di spiegare , 14 giorni fa, in un esteso articolo nel Giorno di Milano che la cosiddetta pubalgia non esiste come tale. Che è un grave errore, in questo caso, qualificare il dolore con la zona anatomica nella quale si presenta, ossia la sinfisi pubica o regione anatomica vicina che in molti casi son i meno responsabili dei disturbi. In effetti, la definizione di pubalgia è la risultante di una superficialità diagnostica, già che si confondono le differenti cause di questa patologia con la regione nella quale il paziente avverte il dolore e/o la impotenza funzionale.
Questo stesso ragionamento clinico vale per altre diagnosi utilizzate correntemente nella medicina dello sport, tali come talloniti, gomito del tennista, epicondiliti, epitrocleisis, estiloiditis e entesiti.
Nel caso dell’abitualmente chiamata pubalgia l’articolazione, sinfisi pubica, è, assolutamente, la meno responsabile della sintomatologiaa, dato che dal punto di vista biomeccanico presenta bassa mobilità, da qui la sua classificazione anatomica.
È provato che i minimi spostamenti di questa articolazione si producono soprattutto per ragioni ormonali nell’ultimo mesi del parto, quando l’organismo della donna si adatta biologicamente facilitando in questo modo il meccanismo del parto. È ovvio che nell’uomo questi fenomeni non si producono. Realizzando esami radiologici in atleti o persone sedentarie, si è osservato alterazioni osteoconditriche delle dette articolazioni in casi di pazienti che non manifestavano alcuna sintomatologia dolorosa nella regione. In casi opposti, si è potuto constatare la normalità radiologica. Pertanto non si può fare un parallelismo fra radiografia e dolore
Queste osservazioni si rifanno ai tempi lontani quando, essendo preparatore atletico e successivamente medico del Rosario central, comincia a riconoscere e a studiare questa patologia. La differenza fra quei tempi ed oggi è che si è notato una maggior incidenza e maggior confusione in questa materia.
Nel cosiddetto fenomeno, lasciando a parte per un momento le cause mediche conosciute o meno, senza dubbio ha influito la grande crescita che ha avuto la pratica sportiva negli ultimi anni, sia per l’aumento dei partecipanti come per certe esperienze che parrebbero aver guadagnato terreno (influito in gran misura per gli interessi economici nel gioco) nella pratica professionale dello sport e che contagia il resto.
Muovendosi verso gli aspetti medici, le cause della pubalgia si devono investigare in ciascun caso più che all’articolazione. Considerando enunciativamente queste cause, abbiamo: primo, nella parte scheletrica possono esistere predisposizioni strutturali di origine genetica, o adquiridas nell’anca o nella colonna, che lo sport mette in evidenza in verde età e che debbono essere valutate attentamente. Secondo, neuropatie che possono essere centrali o periferiche con ripercussione nei plessi della zona lombare e pelvica le cui cause devono essere determinate perché possono essere segni e sintomi di affezioni neurologiche serie. Anche in generale sono predominanti i fenomeni irritativi nevrotici di origine metabolica-chimico non semplicemente meccanico, che si ripercuotono nel sistema muscolare nel sistema neuromuscolare, alterando la sinergia dell’attività motoria, i quali non obbediscono felicemente alle cause che possono portare a compromettere il futuro dell’atleta. Terzo, lesioni muscolari e muscolo tendinee di origine traumatica o no dei muscoli della regione, che presenta una gran complessità anatomica. Ricordo che il muscolo è un prezioso organo di informazione, a parte del movimento, una possibile patologia di ernia, si intra o inguinale. Quarto, problemi urogenitali. Una infiammazione prostatica può verificarsi negli uomini giovani e passare a manifestarsi come pubalgia nell’atleta, diagnosi presuntive confermate dopo consulti specialistici. Ci sono stati casi di pubalgia in molti atleti e ballerine di danza classica che , come sospettava, erano cause per problemi ginecologici, per esempio l’anexetis ovatica, confermata in un secondo momento nella consultazione ginecologica. Quinto, decorsi in organi intraddominali, per esempio, sindromi appendicolari sub croniche.
Pertanto, in questo programma generale è molto importante precisare la diagnosi con l’obiettivo di individuare le cause alle quali si può giungere con un attento esame clinico medico-ortopedico per instituire il trattamento adeguato. L’esasperazione dello sport nell’attualità deve essere riconsiderata alla luce di un’orientazione veramente seria e adeguata. La mancanza di una diagnosi chiara ai fini di determinare le cause della denominata pubalgia possono determinare, a parte di aumentare l’insicurezza nell’atleta, terapie equivoche, come per esempio l’abuso di infiltrazioni di cortisone in zone che non sono la causa del male, provocando nel soggetto complicazioni di carattere iatrogenico (il male aggiunto per il medico all’infermità). In altre parole, le reazioni del tessuto connettivo, granuloma, che in definitivamente conducono a interventi chirurgici che di altra maniera possono aver evitato, fermandosi senza risolvere il problema di fondo.
Le medicina dello sport è l’espressione massima di scienza interdisciplinare e esige degli agenti educatori e sanitari al massimo di abilità nella prevenzione, promozione, riparazione e riabilitazione della salute.